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"Sappiate, ella grida a’ suoi Figli,
che non è egli più no nel sepolcro il mio divino sposo; sappiate, che
il mio divino sposo risuscitò: surexit, non est hic; giù le
lagrime però"
Chi avesse veduta
Gerusalemme in quel giorno, che dopo i crudi affanni di un’ostinato
barbaro assedio, si affacciò sul rispuntar dell’aurora, tra timida, e
confidente alle disolate sue mura; e dal feral silenzio del folto
esercito Assiro, che circondavala; argomentandolo già colpito dal forte
braccio del suo Dio, si fe’ cuor a guardarne più davvicin la strage;
e vedendo esser piombata in quella notte sopra cento ottantacinque mila
di quegli assediatori con orribil precipizio la morte; fugato
Sennacheribbo lor Principe, e tornatosi pien di stordimento per la via,
ond’era venuto così superbo ad opprimerla; che diede man Gerusalemme
allora a torsi via di dosso il cilicio, le ceneri, le lagrime, le
gramaglie; e ripresi i vestimenti della sua
gloria, ordinò a’ suoi
Cittadini, che giubilassero; i ripigliando i timpani, e rintronando i
primieri festosi cantici; risuonar facesser per ogni dove, ed
eccheggiare a gara il dolce argomento, e strepitoso, della loro cara
liberazione: ah! chi Gerusalemme, ripeto, veduto avesse per sorte bella
in quel dì così avventuroso; e investito in quel punto del profetico
spirito di Davidde, conosciuto avesse altro non esser tutto quel vasto
giubilo, se non se un rozzo semplice ombreggiamento del giubbilo senza
paragon maggiore, che la Santa Chiesa un’altro giorno dovea spiegar in
volto; allora quando abbattuta da Gesù, ed oppressa la podestà delle
tenebre; atterrato Lucifero, e ricacciatolo pien di vergogna, e spasimo
nell’abisso; surger dovea egli a riserenarla per sempre; dalle
squallidezze togliendola, in cui giacciuta era per la sua morte, e
abbellindola da capo a’ piè dell’immortal suo strepitoso trionfo:
oh! come! oh come! che di una estatica gioja costui ricolmo, si sarebbe
fatto a sclamar coi sentimenti di quel coronato Profeta:
Oh giorno!
Beato giorno! Giorno il più bel che fatto abbia, o abbia giammai da far
il Signore, quando spuntar ti vedrò?
E quando verrai dunque a far di te
giojosa, ed ebbra di esultanza, e di giubbilo la sposa dell’agnello
risuscitato, la rassicurata Gerusalemme, la Santa Chiesa?
Ma il caro
giorno già sen venne, o Signori, dice S. Giovanni Grisostomo, sì, il
dolcissimo giorno arrivò:
enituit olim Jerusalem, hodie enitescit
Ecclesia.
Fattasi ella stamane la santa Chiesa a guardar sui primi
albori del dì la tomba, che sepolta aveala i passati giorni nelle
lagrime, e nel dolore; trovò sulla disperata fuga de’ nimici, che
quella tomba assediavano; trovò, dissi, il suo Signor, vivo,
trionfante, risuscitato; e rivestita a un punto della più viva gioja,
che mai sul volto le balenasse: Sappiate, ella grida a’ suoi Figli,
che non è egli più no nel sepolcro il mio divino sposo; sappiate, che
il mio divino sposo risuscitò: surexit, non est hic; giù le
lagrime però; ella dice a noi tutti, giù i treni dolenti; il
cordoglio; e suonino in vece per ogni dove i più solenni festosi
cantici; e si giubili da ognuno, e si esulti in questo giorno
luminosissimo del Signore:
Haec dies, quam fecit Dominus, exultemus,
et laetemur in ea: exultemus, et laetemur: esaltazione, e giubilo,
per l’alta gloria, che da questo risorgimento ne deriva a Gesù
vincitor eterno de’ nimici, che il crocifissoro: Christus resurexit:
exultemus, et laetemur: esaltazione, e giubbilo per la gloria
similmente, che a noi pur ne torna da questo risorgimento, i quali ben
vivendo, dovremo un’altro giorno, siccome lui gloriosi risorgere;
Christus
resurexit primitiae dormientium.
Haec dies quam fecit Dominus, exultemus,
et laetemur in ea.
Si Christus non
resurrexit, vana est fides vestra
I. Non è chi non
sappia, dipender la gloria tutta intera di qualunque impresa dall’ottimo
fine, che la incorona per modo, che poco, o niente giovi lo aver
adoprati per conseguir grandi cose i mezzi anche più magnanimi e
commendati; ogni volta che in seguito si manchi poi di oprar con
fortezza; e per cagion delle difficoltà, che s’incontrano, si venga a
lasciar la intrapresa opera, arenata, inutile, ed imperfetta.
Io vi
voglio dir con questo, o Signori, come il dicea già S. Paolo a’
Popoli di Corinto, che se Gesù-Cristo non trionfò di tutt’i suoi
nemici risuscitando; vana è per legittima conseguenza la fede nostra;
ed è vano pure il di lui Regno qua sulla Terra: Si Christus non
resurrexit, vana est fides vestra. Venuto egli a fermar sulle rovine
della già moribonda Sinagoga, e sull’abbattimento, della cieca
Gentilità l’immortal suo Principato; che altrove non potea giammai
sodamente fondarsi, salvoché sulla base della sua divinità,
manifestatasi a caratteri luminosi, e per maniera innegabile a quelle
genti, le quali dovean creder nel di lui Nome, ed essere convertite; a
che giovato avrebbe mai, ditemi; tutto lo strepitoso corteggio de’
miracoli, che onorarono tanto il divin suo Apostolato; le guarite
infermità; le calmate procelle; i liberati ossessi, i risuscitati
defunti: cogli altri argomenti tutti, che di questa sua divinità, egli
andò scolpindo a ogni passo con estatico stupor de’ Popoli, e delle
Turbe, sulle vangelizzate Contrade di Sion: qualora assediato; com’egli
poi fu sulla fin de’ suoi giorni da un nembo così crudel di
persecuzioni, che lo avvilirono, l’oscurarono, lo nascosero; e come in
alto mare il trassero a morir crocifisso in mezzo al tempestoso
adiramento del lor furore: qualora, dico, tanto poi di forza non avesse
avuta egli nel braccio suo onnipotente, per superar la stessa morte,
risuscitandosi; e con ciò mostrar a tutto il Mondo, ch’egli era
morto, sì, ma perché avea voluto egli morire, affin di ricoverar il
suo Popolo: fui mortuus, et ecce sum vivens in specula saeculorum: e
più glorioso rimontando su quell’occaso, ove si era volontariamente
lasciato spingere dall’astio de’ suoi maligni nimici; suggellar con
questo miracolo di risuscitarsi, il più sonoro di tutti gli altri, i
miracoli tutti precedenti della sua vita? Ascendit super occasum? Con
una voce però di vittorioso giubbilo, e di trionfo, voce, o Signori,
che la vasta espansion de’ Cieli empié tutta; che comprese il giro
tutto dell’universo; che penetrò nel sen più intimo degli abissi;
parmi udirlo oggidì gridar questo Redentore risorto in testimonianza
della sua sempiterna divinità: et vivus et fui mortuus, et ecce sum
vivens in specula saeculorum: fui morto, è vero, egli dice, fui
morto, o Figli, per farvi salvi; caduto son vittima sul più bel fior de’
miei giorni della Ebrea spietatezza, che mi svenò; onde tremò di
spavento la Terra, si ricopersero di orrore i Pianeti, e fremettero gli
elementi per compassione: et vivus, et fui mortuus: ma or’eccomi
vivente per tutti i secoli; eccomi a far risplender in faccia al mondo
tutto la divinità mia vieppiù luminosa, quanto più grande era stato l’impegno
de’ congiurati nimici per oscurarnela; eccomi in somma a consolarvi, o
cari Figli, sull’ali vittoriose del mio giubbiloso risorgimento: et
ecce sum vivens in specula saeculorum.
E vaglia maggiormente il
vero, che Gesù, miei Signori, stato fosse odiato dalla Ebrea Nazione, e
riconvenuto qual malfattore da lei, e sentenziata quindi
ignominiosamente, ed ucciso: non lo negava già il Pagano infedele, dice
S. Agostino; che anzi di qua traea argomento a deridere i novelli
credenti, come color, che fede donassero stoltamente a un, che morì
sulla Croce: Nam mortuum, et Paganus credit, et hoc tibi pro crimine
obiicit, quod in mortuum credidisti: chi muor non è Dio, dicea il
Pagano obbjettando, e niente sapendo della umanità dal Divin Verbo
assunta affin di morire; non è un Dio, che meriti le adorazioni,
ripigliava, chi tor se medesimo non poté dal supplizio vituperosissimo
di una Croce; e riputava quindi il Vangelo una stoltezza, e negava
arditamente la fede a un Dio crocifisso: Ma chi più debitori mai di una
fermissima fede in Gesù, ditemi, chi più obbligati a non lasciarsi
sorprendere dal tristo aspetto del supplizio del Redentore, e dalla sua
morte, quanto i suoi stessi discepoli; di tutto avvisati
preventivamente, e ammaestrati; perciocché non avessero a vacillare
nella credenza?
Eppur con tutto questo non son’eglino forse, non sono
dessi; che dopo averlo veduto Crocifisso, morto, e sepolto; disperano
ormai, andandosene al Castello di Emmaus; e col Redentor medesimo già
risuscitato parlando, di vederlo più tornar a ricoverare il suo Popolo:
che alla nuova recata in Gerusalemme di questa sua risurrezion dalle
Donne, ch’erano state a visitare il sepolcro, concepiscon dei vani
terrori per certe apparizioni di Angeli; anziché tosto accertarsi, che
a tenor della promessa lor fatta, egli s’era già il divin lor maestro
risuscitato?
E che là nel Cenacolo finalmente, comecché lo avessero
dinanzi agli occhi vivo, parlante, risorto; cimentano a ogni modo la sua
onnipotenza per sincerarsene, fino a voler, ch’egli porga le aperte
piaghe, e il diviso costato; e così assicurarsi, ch’era desso Gesù,
che vedeano, e non un fantasima, che li ingannasse: Videte quia ego
ipse sum: palpate, et videte, quia spiritus carnem, et ossa non habet,
sicut me videtis habere?
Ah! pur troppo è vero, dice il Dottor
Angelico, che tra le tenebre del sepolcro di Gesù, spento s’era nei
suoi stessi discepoli il lume della fede, ab eorum fide, utpote
resurrectionis nescia, jam manebat alienus: pur troppo è vero,
ripiglia il Pontefice S. Leone, che colpiti i discepoli dall’orrido
supplizio, che avealo ucciso; e dallo illanguidito suo estremo spirito,
e dal sepolto suo cadavere esanimati; in una torbida diffidenza ormai
giacevano, di non vederlo forse maippiù comparire risuscitato: de
supplicio crucis, de emissione spiritus, de exanimati corporis sepoltura
gravatis maestitudine mentibus, quidam diffidentiae torpor obrepserat.
Ma:
numquid qui dormit, dirò anch’io, miei Signori, col bel
vaticinio dell’incoronato Profeta, numquid qui dormit non adiiciet,
ut resurgat ?
Ma forse poi, che starà molto ancora Gesù, a
sortirsene vittorioso del suo sepolcro?
Ah! Eccovelo, eccovelo il Dio
delle vittorie, che ormai impaziente della terza giornata risorge; che
si desta dal sonno suo con la onnipotenza nella destra a combattere; che
qual Sole in fin, che precipiti l’aurora sua a rilluminar col suo
folgoramento la Terra; così il Redentor porta fuori frettoloso il capo
lucidissimo dalla tomba, per confermar nella fede di sua divinità i
vacillanti discepoli; per diradar ne’ Pagani le folte oscurità, che
li accecano; e far a ciascheduno conoscer manifesto, da dove nasce il
sol fin dove ricade; che quell’estremo spirito, consegnato da lui con
alta voce morendo, in mano all’eterno Padre colà sulla croce; non fu
no egli, uno spirito, che da violenta morte sia stato rotto sulle labbra
di un’uom, che giustiziato perisce; ma bensì lo spirito di un’uomo
Dio, tutto ripieno di vita: uno spirito, di quel primiero spirito
perfetto emulatore, che questa vita spirò dapprincipio in Adamo colà
sul Danasceno campo, e il fece vivere: inspiravit in facies ejus
spiraculum vitae, et cactus est homo in animam viventem. Veni:
adunque: veni spiritus; credo ben’io, Signori, di poter
accogliere a questo passo con le parole di Ezechiel Profeta l’onnipotente
spirito, ossia la rediviva anima bella del Redentore: veni spiritus,
et insufla super interfectos istos, et reviviscant: Conciossiaché
giacendo estinte infatti ne’ discepoli per la sua morte, e dimora nel
sepolcro le speranze di vederlo a risorgere; egli sen viene ormai collo
splendor del suo immortal risorgimento, e con in fronte alla mortal sua
spoglia il segnal più vivo di sua divinità a farle insieme con
sestesso risuscitate: e mentre alle genti tutte del Paganesimo egli va
intimando con le voci d’Isaia Profeta, che si consolino, siccome Popol
suo, e divenute già anch’esse spoglia avventurata del suo trionfo: Consolamini,
consolamini Popule meus… levate in excelsum oculos vestros, et videte:
Alla morte intima, e all’Inferno, dice un’altro Profeta, con le voci
del tuono, e dello spavento, di essersi egli già rivestito di sua
potenza per inseguir l’una, per disertare l’altro, ed ambi insieme
sconfiggere: O mors ero mors tua, morsus tuus ero infernae.
Ed
oh! ed oh! a così fatte intimazioni di questo Dio risuscitato, e
trionfatore; il qual non che guidasse liberato il solo Israello; come un’altra
volta dalla schiavitù dell’Egitto; onde pur’esultarono i monti,
come capretti, al dir di Davidde, e come agnelli teneri i colli dalla
allegrezza: ma che dal sepolcro suo tornava redivivo, siccome liberator
sempiterno del mondo intero dalla schiavitù di Lucifero, e della morte:
quali, de! quali mai non è da creder, che diventassero in quel momento
per il giubilo che li inondò, il Cielo insieme, e la Terra; e da qual
viva folgorante luce non furono colpiti allora gli abissi?
Ah! operuit
caelos gloria ejus, dice un Profeta: laudis ejus plena est terra,
abissus dedit vocem suam, quel Sole, Signori sì, per incominciar
dal giubbilo, che i Cieli ne fecero, quel sole, dice S. Pier Crisologo,
che pochi dì innanzi, mostrato avea di voler come stinguersi per
compassion dell’atroce morte del Redentor, prodigiosamente
oscurandosi: questo Sole, io dico; al bell’avviso della Risurezione
sua, gli usati ritegni rompendo, accelerò al mondo redento la comparsa
raddoppiata del suo splendore: Sol qui ut suo commoreretur auctori,
meridianam mortificaverat claritatem, ut auctori suo consurgeret evictis
tenebris antelucanus erupit: la Terra, che pochi giorni prima
scotendosi con terremoti insoliti volea come fendersi in ispaventose
voragini, e assorbir quindi alla maniera di Airone, e Datanno, quegl’ingrati,
e parricidi, che il croci[fi]ssero; ridona ella in questo giorno alla
vita dal seno suo quegl’istessi estinti, che tanto tempo innanzi si
erano seppelliti: monumenta aperta sunt, et multa corpora Sanctorum,
quae dormierant surrexerunt.
E gli abissi pure per ultimo, alla
vasta piena di lume in questo luminoso giorno li visita, li penetra, li
colpisce; odono, dice S. Gio: Grisostomo, odono essi pur’un suono
giubiloso, che va gridando ai Patriarchi, ai Profeti, e a tutto insieme
il Coro de Giusti già trapassati, e colaggiù nel Limbo aspettanti la
loro liberazione: Su, escite, o liberati, escite alla fine;
imperciocché eccovi sopra il vostro risuscitato Dio che a visitar vi
viene; che viene a infrangere i ceppi tutti, a scior tutte le catene,
che vi ritengono: exite nunc vincti, respirate captivi; ecce vobis
ignota lux fulget, ecce vobis nodus omnis, omnis catena dirumpitur.
Ubi, ubi est Deus tuus?
Ma vaglia il vero, e qua rinovatemi, vi prego, o N. N., la vostra
attenzione, ma vaglia il vero, io dissi, che nei discepoli confermati
nella fede della sua divinità; e nei Pagani Popoli a questa fede
medesima convocati; onde giubbilarono tanto, il Ciel, la Terra, gli
abissi; compendiar non si dovea pur tutta ancora, e restringersi la
gloria della Risurezione di Gesù-Cristo; No, miei Signori,
conciossiaché a vieppiù maggiormente ingrandir quella gloria, dovea
concorrervi, comeché a suo dispetto, la Giudea incredula; Gerusalemme
ingrata dovea singolarmente a viva forza concorrerci: co’ suoi
disperati, cioè, e spasimosi rancori per dover guardar risuscitato quel
Gesù, ch’ella avea con sì rabbioso furor crocifisso; e per vederlo
dichiararsi con questo colpo ultimo, con questo sonoro miracolo, con
questa sua risurezione in somma in faccia al mondo tutto in una maniera
innegabile onnipotente.
E già non è tra voi venuto, N. N., che ben’agevolmente
tra secostesso pensando, immaginar non possa, qual fosse Gerusalemme nel
tempo funesto, che Gesù dimorò nel sepolcro; e quali pur fossero i
sentimenti, e i ragionati, e le voci di quei perversi, e disumanati, che
il crocifissero.
Siccome infatti non era avvenuto mai più, né era per
avvenire che congiurato avessero, o fosser per congiurar giammai tanto
empiamente insieme la terra, e l’Inferno a opprimere un’innocente,
anzi pure il fior della innocenza stessa; facendolo cader qual
malfattore infame sfinito, e morto sotto un nembo di persecuzioni le
più crudeli; da qual giusto orrore quindi, e fremito doloroso non è
egli da creder, che penetrati fossero insieme con tutta quella rea
Città, e parricida, gli altari sconsolatissimi, e il Santo Tempio?
Ah!
che assassinato già il buon Gesù, così empiamente, ed ucciso; rimasta
di spasimo piena là in cima al Golgota, e trapassata da fierissimo
dolore la di lui madre; dispersi qua e là, e trafugati pieni di uno
scandaloso timore i discepoli; uscia, o Signori, uscia, dico, pur troppo
da quel velo del Tempio, che in quei ferali momenti dalla cima al fondo
per l’orror si squarciò, uscia una voce, un lamento, un grido
flebile, ed adirato; il qual sentendo gli angoli tutti di quelle pessime
contrade, dicea: Gerusalemme, Gerusalemme ingrata, che hai per costume
di svenar un dopo l’altro i Profeti amorosamente impegnatisi a farti
salva; di chi è quel sangue, che ti gronda dalle mani adesso, di chi è
quella spoglia sì lacera, e crocifissa?
Rispondi ingrata: il tuo Messia
dov’è egli adesso; ove se n’è andato il fior di Gesse, la stella
di Giacobbe, la radice di Davidde, di Maria lo unigenito, il tuo
Redentore, il tuo Dio? Ubi, ubi est Deus tuus?
Senonché egli è
da considerare, N. N., che non essendo ancor passata quella ora funesta;
e seguitando pur’a dominar quella podestà delle tenebre, che il buon
Gesù avea già annunziate a questa misera Città fin là dal suo
doloroso Getsemani; dicendo a’ suoi arrabbiati assalitori: Haec est
hora vestra, et potestas tenebrarum: ed essendo oltre a ciò costume
antico delle criminose accecate anime il cader di abisso in abisso, ed
esultar poi anche, e gioire delle cose pessime, e delle iniquità loro
più detestabili: Quindi è, che all’orrida lamentosa voce del Santo
Tempio, che dimandava ragion del morto Gesù alla Deicida Gerusalemme, e
spietata: Ubi, ubi est Deus tuus?
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Eccolo costassù, rispondea
piena di fasto la Sinagoga, additando il Calvario, eccolo là in cima a
un monte infame, caduto alla fine oppresso sotto il cumulo delle sue
reità; sotto il grave peso de’ suoi delitti: eccovelo costassù, sì,
ripigliava motteggiando, e superbamente vantando il gonfio Fariseo, lo
Scriba perfido, e tutta insieme quella rea torma di malignanti; eccovelo
diceano, costassù in una tomba sepolto; e chiusa già di una grossa
pietra, e suggellata, e ben ricinta di armati; onde non possano i
discepoli di Lui rubarne il cadavere, e dir poi alla plebe, che quel
seduttor risuscitò; e oscurar quindi con questa sognata risurrezione la
nostra gloria: Seductor ille dixit adhuc vivens, post tres dies
resurgam.
E già questo terzo giorno, dalla sepoltura di Gesù, era
impaziente di spuntare ormai, miei Signori, dice S. Tommaso di Villanova:
Jamque tertia dies aderat: ed era pur la Sinagoga impaziente di
scoppiar a momenti nelle allegrezze del più sfrenato giubilo,
secondoché le parea oltrepassato ormai quasi il tempo del temuto suo
vittorioso risorgimento: cum anima illa: segue a dir il testé citato
Santo Arcivescovo: cum anima illa tumulum, quo corpus jacebat,
ingreditur: Alloraché l’anima sagrosanta del Redentore, vedendo
giunta la bella notte, che a par del dì più chiaro, dovea, secondo la
profezia di davidde, dal suo delizioso risorgimento essere illuminata: nox
sicut dies illuminabitur, et nox illuminatio mea in deliciis meis: e
allora appunto rammentandosi, segue a dir S. Bernardo, di esser egli
desso il Leon di Giuda, il Figliuol dell’eterno Padre, non per altro
addormentatosi colà un poco in quel sepolcro, che per far sentir più
viva, e pesante a’ di sleali nimici la sua potenza; si scosse a un
tratto, si risvegliò, e come predetto avealo già a quel Popolo
miscredente, qual Giona escito dopo tre dì sano e salvo dal sen dello
ingojator mostro là sulla spiaggia marina; così escì egli vittorioso
della tomba col più vivo, e balenante segnal in fronte della sua
divinità sempiterna, che precederlo: Suscitatus est paterna voce
Leonis catulus: sono parole del S. Abate: vicit Leo de tribu Juda,
clauso prodiit tumulo, qui de patibolo non descendit. Oh colpo, oh
miracolo, oh vittoria, oh risorgimento!
All’avviso inaspettato del
pari, che molesto, e spaventoso, il qual vien già recato tosto alla
Sinagoga da’ Soldati custodi, tremanti ancora per la paura dell’Angelo,
che andò quel sepolcro a dischiudere, e portanti in viso lo squallido
pallor della morte: exterriti sunt custodes, et facti sunt velut
mortui: all’avviso, dico, recato da costoro alla Sinagoga, che
Gesù Cristo da Lei inseguito, crocifisso, e morto risuscitò: Quantus
tremor: soggiugne il soprammentovato S. Tommaso: quantus pavor
improbas illas invasit mentes!
Qual tremito, qual terrore non s’impossessò
in un subito del cuor di tutt’insieme quei scellerati? Ah! fù tale il
tremito, risponde S. Agostino, fù il terror di così fatta ragione, che
già dal vanto, dalla gioja, dalla superbia, sono passati n un tratto
alla insensataggine, al delirio, al manifesto vaneggiamento; fino a
pagar i tremanti messaggeri, e perduti, onde spargano voce, che
lasciatisi dal sonno sorprendere, colto avean quel tempo i discepoli di
Gesu, per furar il di lui cadavere dal sepolcro: dicite quia vobis
dormientibus venerunt discipuli ejus, et abstulerunt eum: Oh misera
Sinagoga, esclama qua ben’a ragione, il S. Dottore, oh vaneggiante, oh
insensata, che fai? che pensi? e non ti vergogni? Dormientes testes
adhibes?
Testimonj adunque, i quali dormendo nemmen di se stessi
sanno alcun conto rendere, pensa la misera di poter adoprar con
felicità in sostenimento della causa sua disperata; e con la manifesta
bugia di costoro, crede di trarre in dubbio, o far altrui tener per
falsa la sì luminosa Risurrezione del Redentore? Deh! ben davvero,
soggiunge il Santo, che si addormentò ella stessa nel profondo della
maliziosa sua cecità, in così fatti sogni formando la sciagurata: Vere
tu ipsa obdormisti: dicea: quae talia scrutando defecisti.
Senonché a rompere a suo dispetto alla Sinagoga perfida il volontario
sonno scelleratissimo, che la opprime; le vanno nascendo a mille a mille
in cuore i tetri pensieri, e i pallidi terrori, che la condannano: Vede
anch’ella, e conosce tutto il ridicolo della sua stolta difesa, e si
vergogna; vede la impossibilità di tener celata la gloria del suo
onnipotente rivale, e si cruccia; risente in fine l’orror di un
Deicidio per isfogar un rabbioso livore antico, che consumavala; e non
può difendersi, siccome empia, ch’ella è, da una terribile
disperazione; che la disanima: Ma qua, qua appunto, o N. N., egli è
dove esce fuori sciamando a tutto potere il Grisostomo, ed oh! dic’egli
interpellando la così mesta Sinagoga, e pallida, e avvilita, e
tremante; dov’è adesso, dic’egli, o misera, quel Gesù, il qual tre
giorni sono inchiodasti in Croce?
Ubi est, quem dudum figebat in Cruce?
ove son’iti adesso, o iniquo Scriba, o Fariseo livido, o
popol maligno, quei pungenti motteggi, quel vanto iniquo, e quel ridere
parricida ; co’ quali mostravate gloriandovi in faccia dei
dispersi discepoli di Gesù, delle piangenti Marie devote, e dell’addolorata
sua Madre, mostravate, dico, poco fa il Calvario, la Croce, la spoglia
esangue di lui, e la tomba suggellata, e gli armati custodi; e da che
deriva invece adesso nel volto quella bianca squallidezza, che vi agita;
nel cuor quell’affannoso spavento, che vi contamina?
Ah! Ascoltatori,
non lo vedete voi, non lo vedete ciò, che la Sinagoga perfida, e quegli
empj cuori affanna tanto adesso, e li tiranneggia?
Un’Angelo in
bianche vesti, che balenando siede sul già dischiuso sepolcro, e fa
tremare grandemente la terra; la bella gioja, che a maniera di una
graziosa iride incomincia a spargersi ormai sul volto della Madre di
Gesù, e de’ suoi consolati discepoli; i santi Profeti, che usciti de’
lor monumenti si fanno veder da molti, e conoscere in Gerusalemme; le
devote donne tornate già dal visitar l’aperto sepolcro; e per ultime
le creature tutte, che sebben’irragionevoli, ed insensate, pure
applaudiano a modo loro, di brillante luce vestendosi, al trionfo di
Gesù, e procuravano di vieppiù gloriosa palesar al mondo la vittoria
del loro Dio: Ah! tutto questo, dico, che altro mai potea ingerir nella
mente, e nel cuore de’ nimici tutti di Gesù, e de’ suoi rabbiosi
rivali, senonse tremito, paura, tristezza, abbattimento, disperazione?
Ecce, ecce Christus ex oceano mortis: parmi già, che intimassero a
quei crudeli le creature tutte con le parole del sullodato Grisostomo: Ecce
Christus ex oceano mortis, tamquam roseum jubar ascendit: Ecco,
ecco, che il Redentore dell’universo, diceano, torna già vittorioso
dal sen della morte; e qual Sole nel mattin più lucido, e
fiammeggiante, quando risorge dalle marine onde; così va spargendo egli
pien di rose il grembo le consolatrici aure, e i raggi onnipotenti di
sua vittoria; in tempo, che la ingrata Gerusalemme, la Deicida, la
perfida, dopo aver dovuto per forza concorrere anch’ella colle
tristezze sue, co’ suoi spasimi all’ingrandimento della gloria di
Gesù risorto; ov’egli recò a tutto il mondo la vita, se ne riman la
ostinata sepolta in mezzo a una cieca mortal caligine, che la opprime: Ecce,
ecce Christus ex oceano mortis tamquam roseum jubar ascendit, et super
te Jerusalem funerea caligo permansit. Questa, ch’io vi narrai
sinora, questa fu in brevi periodi la gloria, N. N. che di Gesù-Cristo
risorto oggidì in cotestazion di sua sempiterna divinità, dal sen
della morte, affin di consolar i suoi Cari, di ricoverar la smarrita
Gentilità, di solennemente confondere i suoi nimici, e di rallegrar per
ultimo lo intero universo, io mi era impegnato a descrivervi: e questa
è pur quella gloria, di cui ne balenavano in lontananza sugli occhi del
Regio Profeta gli esultanti luminosi riverberi, allorquando tutti, e poi
tutti ci chiamava a onorar questo giorno, ch’è giorno del Signor
veramente colle più vive rimostranze di giubbilosa consolazione: Haec
dies quam fecit Dominus, exultemus, et laetemur in ea. Ah! non ha
cuore infatti, non ha in petto cuore di Figlio, chi non ripete in sì
bel giorno la gloria del caro Padre, e non si fa lieto: Dopoché la sua
svisceratezza il portò a morir per i suoi Figli svenato in Croce, e non
gli restò da poter più dar ad essi in contrassegno dell’affetto suo
neppur’una stilla di sangue: deh! per tutta la vostra fede, io vi
scongiuro a dirmi, N. N.,, quanto mai quel Cristiano, chiunque egli sia,
non si palesa egli da se medesimo un Figlio indegno, che freddo sen
resta, insensibile, spassionato nella celebrazione del suo trionfo; né
concepisce, e prova in sestesso un vivo sentimento di spirituale gioja,
al vederlo così vittorioso risorgere? Deh! vi dirò coll’Apostolo,
se, come io spero, e credo di voi tutti, che m’ascoltate, se in questi
santi passati giorni, voi deste di cuore al peccato un’addio eterno, e
con Gesù-Cristo voi pure siete risuscitati: Si consurrexistis cum
Cristo; traete ora un poco in alto sopra le stelle, e il firmamento
i pensieri vostri, e guardando colassù la immortal gloria, che vi
procacciò Gesù risuscitando, e il Regno beato; vestitevi poi quindi
ciascheduno a gara di gioja, di esaltazione, di giubbilo, di allegrezza:
Si consurrexistis cum Cristo, quae sursum sunt quaerite, non quae
super terram.
Questo giorno sì fatto, che da’ primi Fedeli,
mentre era ancora in fior la pietà, riscuotea tante devote vigilie,
colle quali il preveniano: tanta esuberanza di gioja, con cui già
venuto lo celebravano, perché perché mai non riscuoterà da voi
senonaltro, i doverosi tanto, teneri sentimenti di un cuore da Figli?
Può egli dubitar forse alcun di voi di dover incontrar rallegrandovi,
ed esultando pel trionfo di questo amabil Padre, d’incontrar, dico,
inaspettatamente la dura sorte, che toccò un dì alla Figlia di Jepte,
quando ita incontrar fuor delle patrie mura al trionfante vittorioso
Padre per abbracciarlo la prima di ogn’altro, e riconsolarsene; udì
intimarsi da Lui, che per cagion di un’incauto giuramento ella dovea,
come la prima a vederlo essere uccisa?
Eh! immaginate! Questo dubbio,
questo timore non può nutrirlo, senonse chi se gli vuol conservar
ingratamente nimico: dacché, dice il medesimo S. Apostolo, non trionfò
Gesù per se solo in questo giorno, ma per noi pure trionfò; a noi fa
parte della sfolgorante gloria, che lo circonda; e dopo ch’egli,
siccome amorosissimo nostro Padre risuscitò; noi, noi pure, vivendo
Cristianamente, dovremo un’altro giorno vittoriosi per sempre di tutti
i nimici nostri, e per sempre immortali, risorgere: Christus
resurrexit primitiae dormientium. Ciò, che vedremo dopo un respiro.
Christus
resurrexit primitiae dormientium
II. Trattando l’Arcivescovo
S. Ambrogio della risurrezione nostra, egli considera i Cristiani tutti,
che nel prezioso bacio del lor Signore morirono, quasi fossero ancora
liberi dal poter della morte; e stessero là riposando nella tomba,
siccome presi da un sonno dolcissimo: quasi mortis exortes, dulci
quodam sopore tenentur: fino a tanto che, arrivando il momento beato
della risurrezione, là dove Gesù Cristo, siccome loro capo li
precedette, eglino pure siccome membra di Lui lo seguano, e godano
proporzionatamente la stessa gloria: Ubi enim praecessit gloria
capitis, eo spes vocatur et corporis. Sì, miei Signori, siccome
Gesù Cristo risuscitò, l’annunzio è di fede; anzi di tutta la fede
nostra il fondamento saldissimo; noi pure dovremo un’altro giorno
risorgere: Christus resurrexit primitiae dormientium: dice l’Apostolo:
Sicut primitiae mortis in Adam; segue a dir il soprallodato S.
Ambrogio: Ita primitiae resurrectionis in Christo, omnes resurgent.
Che s’ella è così adunque, deh! novella allegrezza vi occupi di bel
nuovo il cuore, dirò con S. Bernardo; empitevi il cuore, anche per
questa seconda ragione di un santo gaudio: Procul ergo sit luctus,
tristitiae nebula dissipetur:Quel corpo, che adesso si veste, e che
tien nascosta la parte di voi più bella, ed immortale, ch’è l’anima;
riposerà nel suo sepolcro, come diceva anche il Profeta Davidde, non in
tutto marcito, né interamente posseduto dal dominio libero della morte;
perché adorno di una beata speranza, di aver a rifiorir poi un’altro
giorno, e mai più non appassire in eterno: caro mea: diceva
egli, avendo la mira a questa avventurosa risurrezione: caro mea
requiescat in spe. e in fatti al balenar di Cristo Gesù, dice S.
Paolo, di questo sovrano trionfator della morte nel giorno estremo: Cum
Christus apparverit: noi pure, se passati saremo da questa vita in
istato di grazia, ci sentiremo strappar a un tratto per sempre fuor dell’impero
della morte con questa stessa spoglia nostra, ridondante allora di viva
gloria: Cum Christus apparverit vita vestra, tunc et nos apparebimus
cum ipso in gloria: Canet enim tuba: imperciocché suonerà,
continua a dir l’Apostolo, l’Angelica tromba: e a quell’onnipotente
squillo, che aprirà i sepolcri tutti della Terra; che intimerà al
mondo la giornata ultima; che chiamerà tutt’i Popoli, e le Genti, e
le Nazioni all’universale Giudizio; Noi risorgeremo, e risorgeremo in
maniera, che sendendo per alto le nuvole di una predestinata luce
vestiti, andremo incontro al nostro vittorioso Iddio, per non essere
distaccati mai più in eterno dal suo corteggio: Canet enim tuba, et
mortui, qui in Christo sunt resurgent incorrupti: simul rapiemur obviam
Christo in aera, et sic sempre cum Domino erimus. Oh l’incontro
amabile però, che sarà questo, o Signori, la comparsa luminosa, il
vittorioso risorgimento! Che importa adunque, ditemi in grazia, che
importa mai, che gli empj, come dice il Profeta, si vantino adesso delle
iniquità, che commettono impunemente, e vadano esultando nelle
criminose allegrezze che li dilettano? Ah! Non resurgent impii in
sudicio, neque peccatores in concilio justorum. I peccatori, e gli
empj, soggiunge questo stesso Profeta, si abbandonano alle proprie
dissolutezze, col funesto pegno di non aver a risuscitar in eterno: Non
resurgent impii, neque peccatores: anzi col pegno di dover
risuscitar sì, anch’essi; ma non già a novella vita, che li
beatifichi, siccome i Giudei, dice S. Agostino; bensì a una
interminabil disperazione, che li precipiti novellamente in braccio per
sempre all’eterna morte: Resurgent quidam impii, et peccatores, sed
jam paenis certissimi destinati. Mortificate ergo membra vestra:
Eccovi la conseguenza, che ne deduceva l’Apostolo, dalla diversità di
questa, o felice per sempre, o per sempre sventurata risurrezione: Mortificate
ergo membra vestra, que sunt super terram, libidinem, concupiscentiam
malam, et avaritiam: Adunque, dicea, con la bella speranza di dover
gloriosi per sempre risorgere, deh! mortificate, dicea, confortando que’novelli
Cristiani a ben vivere, le ree concupiscenze, la libidine, l’avarizia;
e custodite fedelmente la legge del vostro Iddio; cosicché
rassomigliandovi adesso per la mortificazione delle membra vostre alla
sua morte; sperar possiate di somigliarvi un’altro giorno alla sua
gloriosa risurrezione: Si enim complanctati facti sumus similitudini
mortis ejus, simul et resurrectionis erimus. Sicché a conchiudere,
miei Signori, ossia per la gloria di Gesù Cristo, che risorge vincitor
eterno de’ nimici, che il crocifissero: Surrexit Christus:
ossia per la gloria, che ne torna a noi pur da questo risorgimento, i
quali ben vivendo, dovremo, siccome egli risuscitò, noi pur vittoriosi
risorgere: Christus resurrexit primitiae dormientium:
Ella è,
sì, questa giornata, come diceavi a principio col Real Profeta, la
giornata del Signor Iddio veramente, in cui esultar dobbiamo a gara, ed
empierci tutti di una santa, e permanente consolazione:
Haec dies,
quam fecit Dominus, exultemus, et laetemur in ea.
. Un'omelia
oggi in parte censurabile
che abbiamo voluto pubblicare, su invito di Don Floriano Pellegrini, non
per giudicare, ma come invito a scrollarci di dosso, se vi permangono,
incrostazioni di un passato che vogliamo sepolto e come monito a
rigurgiti assurdi, soprattutto quando si ammantano di ragioni
politiche, contro il popolo ebreo con il quale Dio ha stretto
un'alleanza mai revocata.
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