I sindaci e l'ULSS n.1
Proposte che non convincono>
La Regione Veneto si appresta a programmare un nuovo piano socio-sanitario regionale a 15 anni dal precedente.
La conferenza dei sindaci dell’ULSS n.1 con il suo presidente Angelo Paganin ha deciso di inviare in Regione una proposta, meditata e condivisa da tutti i sindaci, da inserire in quel piano.
Ci sono voluti una cinquantina di incontri per convincere i sindaci bellunesi su un progetto e ora il presidente Paganin si appresta a ragionare anche con i sindaci dell’ULSS feltrina.
I costi della politica incominciano proprio, emblematicamente, da quei 46 incontri, cui si aggiungeranno i tanti altri che dovranno seguire per fare il punto sulle strutture sanitarie della provincia.
E tutto senza aver interpellato chi avrebbe più degli altri diritto di parlare, i malati; non si sono quindi poste
le domande fondamentali quando si parla di salute:
Chi è il malato?
Chi è il malato grave?
Quale rapporto si pone tra malato e medico?
Quali sono le condizioni per garantire che la professionalità del medico, ospedaliero o non, sia massima e comunque non inferiore a quella dei medici di pianura?
Come garantirla nel tempo?
La gente di montagna, chi vive in quota, deve disporre di strutture sanitarie e di sistemi diagnostici che siano di efficienza comunque non inferiore a quelle di pianura?
Come e in quali comparti garantirla?
Qauli sono le necessità statisticamente più importanti di cui necessitano i malati prima e dopo aver superato la fase acuta?
Solo dopo aver risposto a queste domande e a tante altre che solo chi ha sperimentato la malattia grave è nelle condizioni di porre, si può e si deve parlare di costi e magari anche di occupazione.
Noi di Quaderni Bellunesi da sempre insistiamo su un assunto che consideriamo definitivo: prima dei servizi bisogna pensare ai professionisti attorno ai quali si progetteranno poi i servizi e di conseguenza la scuola e la sanità in montagna devono per prima cosa godere di professionisti di altissima qualità, diversamente si produrrebbe un vero vulnus a chi abita la montagna. Lo stiamo sperimentando da anni.
Allora non di specificità abbiamo bisogno, ma di una profonda consapevolezza delle nostre qualità e risorse per far capire alla Regione Veneto che professionisti e strutture di altissima qualità per la gente che vive in quota, per gli effetti sociali ed economici che producono, per la sperimentazione che sopportano dovrebbero essere annoverate come obiettivo specifico della gente di pianura cioè della maggioranza della popolazione veneta.
Un sistema che garantisce il cittadino che abita la montagna è di garanzia anche per la gente di pianura.
Pare invece che noi ormai si sappia solo chiedere qualche contributo in più e piangere miseria per le salite o per la neve.
L’abitare nel posto più vicino al paradiso non è più un vantaggio competitivo; lo hanno dimenticato anche coloro che si occupano di marketing territoriale..
Noè Zanette
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