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Vajont. La strage
Una intepretazione controcorrente
Qaunte chiacchere da " quelli del dopo"!
Il Vajont è sempre più nella memoria collettiva, ma si sa la storia è un’arte e
ha quindi mille sfaccettature a seconda dei punti di vista: la storia non è mai
stata e forse mai sarà maestra di vita.
La pubblicistica più accreditata che continua a riempire gli scaffali delle
librerie fa risalire la catastrofe alla avidità del profitto visto come una sorta di
peccato originale che millenni di storia hanno reso diabolico e si è finito per
individuare la strage nel punto di incontro tra il profitto e l’asservimento a
strategie o politiche voluto da un sistema Stato corrotto e corruttore.
A me pare che le cose siano andate diversamente e abbiano mostrato come
la tragedia fosse, invece, il frutto di una ideologia non percepita come tale,
ma che può divenire , se e quando domina il cuore dell'uomo, promotrice di
grande efferatezza.
Andando per gradi.
1950 Nei sussidiari delle elementari - mi sembra di leggere ancora la pagina
del mio di quinta elementare - si imparava come l’Italia non possedesse
miniere, ma fosse ricca di oro bianco, l’acqua, con la quale si poteva non solo
irrigare le assetate pianure venete, ma anche produrre l’energia così
necessaria. Era la cultura del tempo, entro la quale fu progettata l’asta del
Piave e del Cordevole e la provincia di Belluno iniziò a crescere
economicamente.
1960 L’ingegneria edile aveva fatto passi di gigante sopportata da una
ricerca di altissimo livello che l’aveva portata a svettare a livello
internazionale.
Ad un corso per giovani periti organizzato dalla SADE, Società Adriatica di
Elettricità che stava costruendo la diga del Vajont, venne detto dall’ingegnere
Semenza che con il Vajont si sarebbe costruita la diga più alta del mondo,
impresa grazie alla quale si poteva pensare di avere la concessione per
costruire una diga enorme sul lago Vittoria in Congo, dove produrre energia
da trasportare poi in Italia con una linea a 720.000 Volt.
Qui sta il punto!
1970 Come contrappunto. Lo stato disponeva a livello nazionale di soli 9
geologi, in un momento in cui tra l’altro era necessario implementare le carte
geologiche del territorio ancora del tutto assenti.
I tecnici SADE erano convinti di possedere una tecnica ingiegneristica di
così alto livello da poter garantire e superare ogni difficoltà che venisse dalla
geologia che ancora arrancava per conquistarsi qualche legittimità.
Gli ingegneri erano convinti di possedere con la tecnica il "verbo"
risolutore: la tecnica poteva avere per antagonisti solo gli ignoranti, gli
affamatori del popolo.
Si era fatta così ideologia, l'ideologia che ha governato tutto il Novecento.
La supponenza della tecnica ha fatto costruire palazzi e città incapaci di
offrire vita degna a chi li abita, ha cementato i greti dei fiumi, ha costruito,
sulle falde delle montagne, ha ridotto in frantumi l’intero territorio nazionale:
i calcoli al genio di turno hanno sempre garantito tutti.
E’ la stessa ideologia tecnica che opera, senza un controllo culturale e
politico, anche nei campi dell’ingegneria genetica e alimentare.
Forse i nostri nipoti ne vedranno le stragi
Noè Zanette
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Vajont 22,30 - 9 ottobre 1963.
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