Home page | | Quaderni Bellunesi | | Il canale QuaderniBellunesi su YouTube | | Appuntamenti | | Contatti | | Cerca | |
Appuntamenti - Cultura - Chiesa - Diritto - Documenti - Laboratori - Narrativa - Politica - Poesia - Salute - Solidarietà - Storia |
PROVINCIA DI BELLUNO: LA COSTITUZIONE VA SEMPRE SALVAGUARDATA
Da quando è entrato in vigore il decreto salva Italia, mi hanno scritto a più riprese alcuni amministratori per chiedere le ragioni di questa strenua difesa della Provincia di Belluno e delle Province in generale. Tengo a precisare che la battaglia a favore delle amministrazioni provinciali, per un costituzionalista, non è finalizzata al semplice mantenimento dell’ente, ma è l’occasione per richiamare il rispetto della Carta costituzionale ogniqualvolta il legislatore statale decide di intervenire in materia di enti locali territoriali. Sono persuaso, infatti, sulla scia della lezione di Valerio Onida, Presidente emerito della Corte costituzionale, che la Costituzione “non debba inseguire i mutamenti, ma assicurare la stabilità”. Invece, nell’ottica della riduzione della spesa pubblica e della razionalizzazione del sistema delle autonomie locali, il legislatore è intervenuto in modo tale da sacrificare prepotentemente la sfera di autonomia di Comuni e Province, con la conseguenza di trasformarla in un quid “calato dall’alto” e non riconosciuto, a differenza di quanto solennemente dichiarato nel Testo fondamentale. Proprio recentemente, a conferma di questo aspetto, è anche intervenuto il giudice costituzionale per affermare l’idea che la crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo non può giustificare interventi lesivi delle garanzie costituzionali poste proprio a difesa delle amministrazioni comunali e provinciali. Per una zona di montagna come Belluno, la Provincia, se mantenuta come organo con rappresentanza politica di primo livello e se ripensata alla luce dell’autonomia amministrativa e regolamentare attribuita dalla Regione del Veneto con il nuovo Statuto, può assumere un ruolo strategico, in quanto centro di riferimento e di unificazione delle problematiche e delle peculiarità delle singole vallate che la compongono. E proprio in ragione di questo, si presta a essere un interlocutore privilegiato con il governo regionale e statale. Si tratta di un ruolo che, a mio modo di vedere, difficilmente può essere esercitato dalle Unioni di Comuni e dalle Comunità montane, entrambi oggetto di profonde modifiche per opera del legislatore regionale veneto. Sebbene l’intenzione, sul piano dei disegni di legge in discussione, sia quella di rafforzarne ruolo e funzioni, restano organismi limitati alla gestione di una parte del territorio e, come tali, impossibilitati ad avere una visione “sinottica” dell’intera area bellunese e per di più con rappresentanza indiretta. Il rischio, dunque, è quello di una politica “parcellizzata” e non uniforme, soprattutto per l’esercizio di alcuni compiti fondamentali (penso, ad esempio, al piano territoriale di coordinamento, alla viabilità etcc…). Questo, beninteso, non significa rinuncia a intervenire sulle Province, ma che se di razionalizzazione del sistema degli enti locali territoriali si vuole parlare, è opportuno farlo nel rispetto della Carta e a partire dalle funzioni, poiché è qui che si concentrano i maggiori costi.
Daniele Trabucco
Università degli Studi di Padova
Le pagine di quaderni
Cultura
Chiesa
Diritto
Laboratori
Narrativa
Politica
Poesia
Salute
Solidarietà
Storia
Documenti
Appuntamenti
Dalla montagna alla città per studiare.Da bambine a..... donne. Gli ottant'anni di vita dello studentato Maria Bambina di Belluno. E' proprio il caso di dire " quando la Chiesa produceva ogni sforzo, nel perenne disinteresse dello stato, per offrire la possibilità di studiare a tutti". Il vescovo di Belluno, mons. Foschini, nel giugno del 1912 con l'apertura dello studentato Maria Bambina di Belluno, in aperta ostilità del Provveditorato agli Studi, diede alle ragazze che abitavano le terre alte della provincia di Belluno la possibilità di studiare, .Ce ne parla Floriana Santomaso che assieme Mariangela Colarin, Rira dal Borgo e suor Miche Festini ha dato alle stampe il testo " dalla montagna alla città per studiare" |
|
Quando gli apostoli mangiavano gamberi. Feltre San Vittore e Corona. XIV secolo. Sulla parete della navata destra della Basilica di San Vittore e Santa Corona a Feltre un anonimo frescante dipinge un'ultima cena. E' un tema ricorrente nell'iconografia religiosa del tempo ma qui, in questa terra al confine con l'Impero, l'ultimo pasto di Cristo è quanto meno singolare. Di certo non si limita a raffigurare quanto dicono i Vangeli ma spalanca una finestra sulla quotidianità degli uomini del medioevo, che è la radice del nostro presente. Tra gamberi, mele, pani, coltelli e caraffe di vino il passato si svela attraverso un dipinto che testimonia come e cosa mangiavano i nostri antenati. Raccontandoci con il linguaggio delle immagini di un tempo che, come il nostro, fu segnato da forti tensioni e da pungenti contestazioni del potere politico e religioso |
|
Gesù figlio di David abbi pietà di me La condizione esistenziale dell'uomo anche oggi è afflitta dal male, quello subito, ma anche quello commesso, ed esige un intervento di liberazione e di guarigione. Solo Dio può restituire l'uomo alla sua dignità originaria, quella che è nel progetto della creazione, deformato dal peccato, cioè dalla presunzione di potersi realizzare senza Dio: ma ne siamo coscienti? Allora, se la sofferenza produce inquietudine e desiderio di guarigione profonda, essa diventa il luogo della grazia, della visita di Dio, che risponde compassionevole al grido di chi spera in Lui. Del resto, ce lo dice il brano della lettera agli Ebrei, Cristo, sacerdote eterno per volontà del Padre, ha compassione dell'uomo perché solidale con lui, essendo anch'egli rivestito di debolezza. Egli si è fatto carne per redimere la carne. Anche oggi Gesù cerca l'uomo per salvarlo: se temiamo che passi senza accorgersi del buio nel quale siamo caduti, forse attende solo che ci volgiamo a Lui, confidando nella sua misericordia, che è potenza di salvezza. |
|
Cantami o mouse. Ma siamo il paese più idiota della terra Vorrei dedicare ai presidi d'Italia e al ministro della Pubblica Istruzionre, l'incipit di Miche Mirabella "Siamo il paese più idiota della terra a testimonianza dei tempi turpi e imbecilli in cui viviamo." Assicuro che merita ascoltare questa prima parte della conferenza di Michele Mirabella. Stupenda e piacevolissima capace di lasciarti il cuore dolce e affascinato. La ascoltino anche i tanti recensori di libri che riempiono le pagine dei nostri giornali e i lettori che comprano il libro sulle loro recensioni.. |
|
Sulle tracce dei scalpellini dell'Agordino e di Cencenighe in particolare. Gli scalpellini: artisti minori, si è sempre detto, ma sono loro che hanno reso grandiose le opere dei più celebri scultori, lavorando l'opera d'arte fino quasi all'ultimo.Dimenticati i primi osannati i secondi. Brava allora Luisa Manfroi che è riuscita a far memoria, a testimoniare, quanto anche i tantissimi, anonimi, scalpellini dell'Agordino e di Cencenighe hanno fatto: un patrimonio che aspetta oggi solo di essere valorizzato, non solo a scopo per così dire turistico, ma perché guardando le loro opere d'arti i giovani riescano a sentire il calpestio della storia dalla quale partire per rinnovare ogni giorno la vita della terra che abitano. |
|
Corruzione Falso in bilancio Studi di Settore e fisco. Falso in bilancio. Ne abbiamo discusso con Maurizio Paniz. Prima di tutto vogliamo qui trascrivere una definizione. Con l'espressione falso in bilancio, o frode contabile, si indica la compilazione di false comunicazioni sociali ovvero una rendicontazione non veritiera e corretta dei fatti accaduti e degli indicatori di rilievo che dovrebbero essere espressi nel bilancio d'esercizio di un'azienda. Possono essere trattate in egual modo le piccole e grandi aziende e come si coniuga il falso in bilancio con gli Studi di Settore.E si riaffaccia il problema del fisco: dice bene Maurizio Paniz |
|
Stemmi e antiche famiglie di Mel. Il libro non è soltanto una storia delle famiglie nobili di Mel (nobili si fa per dire perché molte "nobiltà" sono state comprate) ma anche uno specchio di una società e della popolazione comune spesso estremamente povera anche per i tempi passati. Si tratta di una società litigiosa, soprattutto nel Seicento in cui i problemi si cercavano di risolvere con il ricorso alla giustizia e di frequente con archibugiate, con bastoni o con coltelli. Una società forse non molto diversa da quella dei nostri giorni anche se le sentenze erano molto più rapide. Una ricerca, quella dell'autrice del libro, sicuramente imponente che lascia intravvedere una micro storia in cui diventano fondamentali l'economia, l'ambiente i costumi le condizioni sociali il modo di vivere. Un ulteriore contributo, insomma, per far risuonare, in chi percorre le vie di Mel, il calpestio della storia, la nostra storia. |
|
Guarda il numero precedente |
Tweet |
|
Quaderni Bellunesi.Laboratorio di cultura e politica della provincia di Belluno Realizzato con la collaborazione del Circolo Culturale "Antonio della Lucia" |