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Perché papa Francesco ama il grido blasfemo della croce di Chagall
Un Papa che ha per dipinto preferito la Crocifissione Bianca di Marc Chagall deve essere per forza un grandissimo anticonformista. Non ci si lasci ingannare dallo stile naif, intrinsecamente riposante e sinonimo di fuga dalla storia: quella dipinta nel 1938 dal pittore di origine bielorussa e religione ebraica è una delle più scandalose rappresentazioni di Cristo crocifisso che si ricordino.
L’ingenuità delle figure, propria di ogni naif, enfatizza il contrasto con la tragicità della narrazione visiva e con la provocazione intellettuale e teologica che il quadro contiene.
La Crocifissione di Chagall, realizzata nell’anno della Notte dei Cristalli, colloca la croce con la sua vittima in un paesaggio contrassegnato esclusivamente dalle violenze che in quel tempo si compivano contro gli ebrei europei: sinagoghe in fiamme, persone in fuga singolarmente e a gruppi, case capovolte, i rotoli della torah bruciati.
Cristo è palesemente condannato al supplizio in quanto ebreo: il bacino non è ricoperto dal consueto panno bianco, ma da un tallit, lo scialle di preghiera ebraico, e la scritta con la condanna che sormonta la croce è vergata esclusivamente in caratteri ebraici.
Ai piedi della croce nessuna delle figure della iconografia cristiana, ma una menorah, il candelabro sacro, che spande la stessa luce bianca, soprannaturale, che dall’alto investe il crocefisso.
Nessuna figura mostra attenzione per l’agonia di Cristo, tutti gli danno le spalle impegnati in una fuga per la sopravvivenza; solo mostrano commozione alcune figure volanti sospese nel cielo sopra la crocifissione: si tratta di rabbini e altri personaggi ascrivibili all’Antico Testamento.
Il soggetto sembra pensato per scontentare tanto i cristiani quanto gli ebrei.
Verrebbe da dire che il mite Chagall ce l’ha con tutti e vuole scandalizzare tutti.
Ai cristiani mostra un Cristo non solo martirizzato in quanto ebreo – dunque non per aver sovvertito l’ordine giudaico – e privo della compagnia di sua madre Maria e del discepolo prediletto Giovanni, sostituiti da imprecisati personaggi dell’Antico Testamento.
Ma addirittura propone il suo riassorbimento nella rivelazione veterotestamentaria: la luce divina bianchissima, che rompe il grigiore plumbeo del paesaggio, investendo diagonalmente il crocefisso dall’alto, è la stessa che fa alone attorno alla menorah e che promana dalle fiamme che stanno bruciando alcuni rotoli della Legge – mentre le altre fiamme del dipinto sono gialle.(continua)
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Rodolfo Casadei
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