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CHE COS’E’ L’AUTONOMIA?
La richiesta di forme di maggiore autonomia per la Provincia di Belluno e, più in generale, per i territori montani (come Sondrio) che soffrono di un deficit di competitività con realtà regionali contermini ad ordinamento differenziato
richiede di interrogarsi sul reale significato di questo termine.
Preliminarmente, è necessario chiarire che l’autonomia non è mai separata dall’uomo, non è un concetto che si costruisce a tavolino come se si trattasse di un dogma giuridico, ma dovrebbe essere una componente dinamica dell’ordinamento volta a testare continuamente il suo livello di democraticità e di funzionalità “personalistica”, in grado cioè di farsi interprete dei bisogni dell’uomo in relazione al contesto storico, sociale, economico e culturale in cui opera, riconoscendo (e non conferendo) agli enti locali territoriali che
lo rappresentano il potere di autodeterminarsi sia pure entro i limiti del patto costituzionale.
Essa, pertanto, richiede due presupposti: la consapevolezza della sua natura intrinsecamente antropologica e una classe politica autorevole
(nel significato che i romani attribuivano parlando delle qualità del princeps) di assumersi le responsabilità che questa comporta.
L’assenza di questa prospettiva, a mio avviso, ha portato all’uniformità, all’egualitarismo, che hanno condotto e conducono tutt’ora a continue giustapposizioni tra entità diverse, lasciando l’ordinamento rimodellarsi continuamente secondo la logica della mera statualità, o meglio, per dirla con le parole di un giurista quale Vittorio Emanuele Orlando (1860-1952), come persona giuridica distinta dal Governo e dalla società, ove l’autonomia è tale non in virtù di un suo riconoscimento quale componente essenziale della vita dell’uomo all’interno di una comunità, ma come autolimitazione/concessione dello Stato, liberamente valutabile, che attribuisce, in primis alle Regioni, poteri e
funzioni che gli sono tradizionalmente propri.
La ragione di fondo insita nel “riconoscimento delle autonomie locali” proclamato dall’art. 5 della Costituzione è che il principio di autonomia si fonda su quello che il costituzionalista Carlo Esposito (1902-1964)
aveva ben espresso, e cioè che “l’autonomia locale, sotto il profilo organizzativo non esiste per il fatto che gli enti locali siano elevati a persone giuridiche,
ma solo quando in queste persone giuridiche sia organizzata
in maniera autonoma e libera la vita locale, e vi sia autogoverno dei governati
e la volontà e l’azione di questi enti sia rispondente ai principi e alle direttive
prevalenti tra gli uomini che vivono sul territorio”.
Sul piano meramente esegetico, la nostra Costituzione, proclamando ‘le autonomie locali’ e non la sola ‘autonomia degli enti locali’, mostra di accogliere e di considerare fondamentale anche e soprattutto il momento politico, organizzativo o interiore delle autonomie e non solo quello giuridico-formale-astratto. Una consapevolezza importante che costituisce il primo passo verso una costruzione autenticamente federale del nostro Paese, ove l’unità è tale in quanto costitutivamente plurale e capace di superare la dicotomia molti-uno, soggetto individuale-soggetto collettivo, ancora connaturata al dogma della sovranità statale.
Daniele Trabucco
Assegnista di ricerca post-dottorato
in Istituzioni di Diritto Pubblico
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