La disgregazione dei partiti
e l'affloscarsi delle comunità nelle Terre Alte
Lettera inviata e pubblicata da L'Amico del Popolo
I giovani, il lavoro, il consumismo, l’accoglienza, i diritti e nella nostra terra la crisi demografica e magari anche un nuovo modello di sviluppo: sono temi sui quali si rovescia un consenso assoluto, da plebiscito a risultato "bulgaro": manca, infatti, un qualsiasi dissenso interpretativo che ne metta in discussione gli assunti di base, le contraddizione e l’eventuale strumentazione operativa.
Questo eguale sentire generale e anonimo, privo di qualsiasi spirito operativo è il frutto velenoso lasciatoci in eredità dall’afflosciarsi nei partiti e nei sindacati della loro dimensione civica ed educativa e per questo divenuti incapaci di una qualsiasi azione politica; un frutto velenoso che ha dato spazio all’arroganza del potere, all’individualismo più sfrenato e, per contrasto, ha reso la gente certamente affamata di una società dove il bene comune sia sempre più forte, ma anche estranea a qualsiasi impegno per la sua realizzazione.
Le lettere che si leggono nell’Amico ne sono spesso la testimonianza: tocca agli altri il fare!
E c'è da chiedersi se la disgregazione dei partiti, che merita ricordarlo sono la condizione di pensabilità e di azione nello spazio della politica(Nadia Urbinati sul sole 24 Ore), non abbia trascinato con se l’idea stessa di comunità e di una cultura che ha segnato il punto di un millennio di storia nelle nostre vallate montane.
Abitare in montagna e i bambini come "bene comune"
Abitare, ad esempio, in montagna ha sempre significato prendersi cura delle cose che determinano la forma e disegnano le caratteristiche di un luogo(ing..Piergianni Da Rold in Abitare in montagna): era ed è prendersi cura del bene comune per eccellenza, la propria casa nel paesaggio. Ora c’è un bene comune più grande di quello rappresentato dai figli di queste terre? Può una comunità distrarsi di fronte al problema? Può non, ad assumersi la responsabilità della formazione di questi loro figli, siano due, cinque o dieci; può non assumerne i costi necessari, può non impegnarsi a trovare mezzi, esperienze, professionalità in modo che questi bambini possano crescere senza alcun svantaggio formativo rispetto ai bambini della pianura? Crescere nella propria terra. Parlo di una comunità non dell’amministrazione comunale! Giova ripetere la domanda: con i partiti è sparita anche la comunità?
Una sintesi dal libro "Abitare in montagna"
Caro direttore le elenco a questo punto qualche passo tratto dal libro "abitare in Montagna" edito da Cleup dove emerge con chiarezza quello che oggi rende la nostra montagna fragile da tutti i punti di vista. a)Abbiamo bisogno di rinnovare rapporto tra uomo e ambiente che eviti il furore del fare, che non consenta di costruire senza curarsi dell’abitare, che impedisca di costruire comunque qualsiasi cosa in qualsiasi luogo, in qualsiasi modo, che sappia elaborare un’idea di prevenzione strategica con un orizzonte di medio lungo periodo b)Dopo un millennio e più gestito dalle regole nel nostro territorio oggi assistiamo all’avanzare del bosco di scarsa qualità e alla crisi della seconda casa che compromettono le prospettive future di sviluppo turistico ed economico. c) Abbiamo bisogno di rafforzare e ricostruire una efficiente agricoltura e zootecnia di montagna, quali basi insostituibili per attivare una dinamica di recupero abitativo dei centri montani, dell’edilizia rurale e del paesaggio tradizionale. d) La valorizzazione del territorio passa attraverso il riconoscimento del capitale (ambientale e sociale)disponibile e sulle possibilità di impiego e di ottimizzazione nell’uso. Non si tratta dunque di puntare su forme di assistenzialismo che sono le rivendicazioni attuali dei montanari. d) Va ricordato, infine; che la stessa appetibilità turistica risiede nelle singolarità e unicità dell’ambiente naturale, ma componente essenziale è il territori antropizzato. Caro direttore Lei pensa veramente che questi obiettivi possano essere raggiunti da amministrazioni comunali di area vasta (due o tre comuni per la vallata agordina ad esempio)come vogliono il governo, la regione e purtroppo anche i nostri sindaci convinti, come sono, che le soluzione dipendano da finanziamenti, da altre leggi protezionistiche, da deleghe offerte dalla provincia o dalla regione? (Con la segreta speranza che finisca la dispersione dei villaggi di montagna) O sono problemi la cui soluzione dipende, primariamente, di una rinnovata e solida base culturale che mescoli l’amore per la propria terra, l’orgoglio di abitare un territorio che secoli di storia hanno reso di incommensurabile bellezza e sta nell’immaginario collettivo delle gente di pianura, con la consapevolezza di pestare una terra che ancora può offrire prodotti, ambiente, cultura, storia, architettura di grandissima e richiesta qualità?
Se non i sindaci chi?
Se questo è vero la riscossa non può che avvenire attraverso una figura istituzionale eletta dalla gente, proprio e solo per questi scopi che potrei definire come la ricerca " un nuovo modello di sviluppo" o se si vuole di "un nuovo stile di vita": si chiama sindaco. Un sindaco a costo zero o quasi. E’ la proposta di quaderni bellunesi, caro Direttore, che per dirla con il prof. De Martin chiamiamo il Comune dei Comuni. Ma senza partiti capaci di proposta, aperti a contributi esterni, abbiamo perso tempo noi di Quaderni e lei che ha avuto la compiacenza di leggerci.
Noè Zanette Quaderni BellunesiZanette Noè
info@Quadernibellunesi.it
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