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Giornata
della Vita 7 febbraio 2010 |
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In questa 32^ Giornata
della Vita, ascoltiamo tre brevi passaggi del Messaggio che i nostri
Vescovi ci hanno inviato in occasione Il benessere economico non è un fine ma un mezzo, il cui valore è determinato dall’uso che se ne fa: è a servizio della vita, ma non è la vita. Quando, anzi, pretende di sostituirsi alla vita e di diventarne la motivazione, si snatura e si perverte. Anche per questo Gesù ha proclamato beati i poveri e ci ha messo in guardia dal pericolo delle ricchezze (cfr Lc 6,20–25)". "Anche la crisi economica che stiamo attraversando può costituire un’occasione di crescita. Essa, infatti, ci spinge a riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri. Ci fa capire che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denunciando ancora una volta, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto".
"Proprio il momento che attraversiamo ci spinge a essere ancora più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono essere tentate di rinunciare o interrompere la gravidanza, e ci impegna a manifestare loro, concretamente, aiuto e vicinanza. Ci fa ricordare che, nella ricchezza o nella povertà, nessuno è padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoro prezioso dal momento del concepimento fino al suo spegnersi naturale". Sulla scorta di questo messaggio e
della Parola di Dio appena ascoltata, facciamo nostri tre impegni: 1. Anzitutto, educhiamo all’essenziale, in tutti i campi, cominciando dai bambini, fin dalla più tenera età. Siccome quasi nulla oggi ci è precluso, è facile volere e ottenere tutto, non rinunciare a niente; con la conseguenza di sentirsi di serie B se non si ha questo o quell’oggetto di quella precisa marca… La tentazione investe anche i genitori che per amore dei figli a volte esagerano non educando più all’essenziale, alla sobrietà, alla capacità e quindi alla gioia dell’attesa. E sono modi di vivere che poi si protrarranno negli anni coinvolgendo tutti gli ambiti della vita: dalla scuola, al gioco, all’affettività: in ciascuno di questi campi oggi sovente non si sa più attendere, non si sa più pazientare, si vuole tutto e subito, costi quello che costi. E le conseguenze spesso sono deleterie e minano alla radice un sano equilibrio e una vera crescita umana. Pensiamo – ad esempio - ai nostri ragazzi incapaci di accettare serenamente una sconfitta al gioco o di accogliere la semplice impossibilità di soddisfare un loro desiderio; pensiamo a come, per l’incapacità di attendere, si svilisca da parte di ragazzi o ragazze ancora adolescenti l’amore, riducendolo ad una delle tante esperienze di divertimento o di curiosità. Pensiamo all’arrivismo che segna le scelte di tanti adulti, pensiamo all’insaziabile ricerca dell’avere sempre di più che finisce col rovinare la serenità di tante persone e famiglie, portando a volte anche a scelte contro la vita.
La famiglia come
spazio 2. In secondo luogo torniamo ad essere capaci
di condivisione, materiale e spirituale; a vivere non come tante
isole di un arcipelago, ma come persone che si sentono perennemente in
cordata, consapevoli che la vita dell’uno dipende da quella dell’altro.
Tenere vivo questo impegno, ci aiuterebbe a riscoprire la nostra vera
umanità, la nostra vocazione alla solidarietà, il rispetto per la
vita, per ogni vita. E questa possibile "riscoperta" si avvia
e matura in famiglia, perché è in famiglia che si impara sentirsi
"un solo corpo", a rispettarsi, a perdonarsi, a condividere,
ad ascoltare, ad ascoltarsi, ad amare; ad essere persone (cioè in
relazione) e non semplicemente individui che vedono solo il proprio
interesse e su questo giudicano se una scelta è bene o è male: se è
il caso, ad esempio, di mantenere vivo un legame matrimoniale, o di
avere un figlio oppure no... E così via. La famiglia come spazio di
speranza e di progetto
3. Allora, come ci chiede Gesù, "prendiamo
il largo", con coraggio nel mare della vita; non lasciamoci
prendere dalle correnti del mondo che ci respingono e rinchiudono a
riva, dove pensiamo di essere più al sicuro, ma dove non pescheremo mai
nulla e dove, a volte, le stesse sicurezze che pensavamo di possedere,
ci tradiscono. E, per grazia di Dio, Don Giorgio Lise
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