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IL figlio prodigo
Quante
volte abbiamo letto questa parabola, quante volte ne abbiamo ascoltato
un commento, quante volte ho dovuto predicare su questa pagina! Gesù due braccia aperte sulla croce per accogliere tutti
Ma
dietro a lui ci sono i farisei e gli scribi, che brontolavano perché
Gesù accoglieva «tutti (notate!) i pubblicani e i peccatori
che si avvicinavano per ascoltarlo».
Se vostra figlia... Ma il peso del suo gesto non è così chiaro. Proviamo a volgere in chiave moderna questo quadro: pensate che un giorno una vostra figlia di 18 anni, piena di tatuaggi e di piercing, vi prenda dopo cena e vi dica: "Sai, papà, ho deciso di andar via di casa; vado via con l’allenatore della mia squadra; lo so, ha vent’anni più di me, ma ci amiamo tanto…". Immaginate la vostra faccia; immaginate la faccia del padre della parabola. "Non posso fermarti, non posso impedirtelo, so che ti fai del male, so che sbagli: ma devo lasciarti andare, anche se questo è come un pugnale nel mio cuore". «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta… E il figlio partì…». Visse da dissoluto, rovinandosi fino alla fame, svendendo la sua dignità di figlio fino a diventare compagno dell’essere più immondo dell'immaginario ebraico: il maiale.
Dio tenace come la roccia
L’obiettivo
ritorna sul Padre: tenace come una roccia nell’attendere, ostinato nel
dare fiducia nonostante lo scempio di libertà operato; tenero come una
madre nel saper accogliere. Non vuole una casa abitata da servi,
obbedienti ma scontenti; vuole figli liberi, gioiosi e amorevoli. Il
dramma del suo cuore coinvolge entrambi i figli che non lo amano e non
si amano («tuo figlio»); non si accorgono di essere amati e si
credono servi. Alla resa dei
conti, sembra che il Padre abbia una preferenza per la pecora smarrita:
il figlio minore, che abbandona le comodità dell’ovile, che si
avventura per sperimentare fino in fondo la sua libertà; che fa
naufragio: era ribelle e diventa schiavo. Ma nel momento della notte
più profonda, comincia a spuntare il giorno: «rientrò in se stesso».
Solo che nel viaggio di ritorno vive ancora nella logica dello schiavo:
«trattami come un servo»; non osa sperare che il padre sia
ancora e comunque suo padre. «Lo
vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo
baciò»; e lo interrompe: non dire che non sei degno di essere
figlio; tu rimani mio figlio.
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M
Accettare il perdono.
«Accettare il perdono di Dio è una delle
più grandi sfide della vita spirituale. C’è qualcosa in noi che si
aggrappa ai nostri peccati e non lascia che Dio cancelli il nostro
passato e ci offra un inizio completamente nuovo» (H. Nouwen). Forse la
disaffezione al sacramento del perdono ha a che fare proprio con quest’incapacità
di lasciarsi perdonare fino in fondo. Racconta
F. Dostoevskij nell’Idiota: una donna tiene in braccio il
figlio di poche settimane. Questi, per la prima volta – a detta di lei
– sorride. E le si fa il segno della croce. Le chiedono il motivo;
risponde: Ecco, allo stesso modo che una madre è felice quando nota il
primo sorriso del suo bimbo, così si rallegra Iddio ogni volta che un
peccatore si mette in ginocchio e gli dice: Padre!
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Realizzato con la collaborazione del Circolo Culturale "Antonio della Lucia" |