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Il primo
segno del disastro ambientale e umano che ha interessato il nord dell’Uganda
è un grande cartello con la scritta in rosso: “Road close” (Strada
chiusa) e una freccia che indica una deviazione.
Siamo nella cittadina di Kumi, ad una quarantina di chilometri da Soroti,
capitale della regione più colpita dalle piogge torrenziali che da
metà maggio hanno flagellato più di metà del paese. Le vittime
accertate sono una ventina, circa 300.000 i disastrati, 100.000 i
bambini che non sono ancora tornati a scuola.
Il crollo di numerosi ponti e l’erosione delle strade ha isolato
vastissimi territori per intere settimane, mentre innumerevoli sono le
case allagate. Gravissimi i danni causati all’agricoltura. In alcune
zone, peraltro già colpite negli scorsi anni dalla siccità, la perdita
dei raccolti è stata pressoché totale.
La fame, purtroppo, farà compagnia a questa gente anche il
prossimo anno.
La gravità della situazione è documentata anche dal fatto che,
per la prima volta nella storia del paese, il Presidente dell’Uganda
da decretato lo stato d’emergenza.
La cartina stradale mi dice che stiamo percorrendo
una strada periferica, che ci porterà a Soroti attraverso 100
chilometri di pista, stretta e dissestata.
Ad un certo punto siamo costretti a fermarci.
Davanti a noi c’è un vero e proprio lago. L’acqua che sta
defluendo dalla parte destra della strada supera abbondantemente l’argine.
Un ponte in ferro è sott’acqua per almeno un metro. Un camion
cisterna si avventura pian piano sulla strada segnalata da bastoni
infissi nel terreno. Varie persone lungo il percorso continuano a
gettare sassi su quella che deve essere la sede stradale.
Anche noi proseguiamo con prudenza. Stephen, il nostro autista è
visibilmente preoccupato. Il fondo strale, infatti, è dissestato e
spesso sprofondiamo in buche improvvise che trasformano la strada in una
incognita.
Il tratto peggiore è lungo un centinaio di metri ma anche nei
chilometri successivi ci appare evidente la devastazione causata dall’acqua.
Sembra infatti di essere in una laguna. Ovunque immagini desolanti di
povere capanne assediate dall’acqua e in molti casi parzialmente
crollate.
Non oso pensare cosa doveva essere qui un mese fa.
Finalmente dopo oltre 2 ore di strada che ha messo
a dura prova la nostra auto, ma anche i nostri fondoschiena,
raggiungiamo Soroti.
Il tempo stringe e, dopo aver fatto il pieno al nostro Pick-up,
ripartiamo subito per il Karamoja.
Ci attendono ancora 130 chilometri di strada in un territorio dove
l’alluvione ha colpito in modo particolarmente forte. Lunghi tratti di
pista sono stati completamente rifatti ma l’acqua lambisce ancora
quasi ovunque il ciglio stradale.
In questi ultimi giorni il tempo è stato clemente ma è evidente
che basterebbero un paio d’ore di pioggia perché la situazione torni
ad essere difficile. |
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.Finalmente
alle 9 di sera, dopo 12 ore di viaggio pressoché ininterrotto,
varchiamo il portone dell’ospedale missionario di Matany.
Per Albino Ventimiglia e Valeria Caddia, di Feltre, che mi accompagnano
nel viaggio, è un gradito ed emozionante ritorno. Nei primi anni
ottanta , infatti, hanno prestato servizio come volontari nell’ospedale
per un paio d’anni.
Sul pick-up abbiamo 10 quintali di medicinali destinati all’ospedale.
Visto che la strada è tornata finalmente percorribile, nei prossimi
giorni un camion partirà da Kampala per rifornire di viveri di prima
necessità i vari centri del Karamoja normalmente assistiti da “Insieme
si può…”.
L’isolamento delle ultime settimane ha ridotto in modo preoccupante le
loro scorte.
Altri aiuti sotto forma di teli, coperte, taniche,…. verranno
acquistati e distribuiti in accordo con un programma di interventi che
vede anche la nostra associazione coinvolta direttamente nell’opera di
assistenza agli alluvionati.
Sabato 20 ottobre, mentre facciamo ritorno a Kampala, veniamo a
conoscenza anche dell’appello lanciato da Mons. Cyprian Kizito Lwanga,
Arcivescovo di Kampala e Vice Presidente della “Caritas Internazionale”
che, di ritorno da una visita alle zone alluvionate, ha affermato: “Abbiamo
bisogno di aiuto, di solidarietà per far fronte al disastro”.
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