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Cutura arte e mondo cattolico
Luigi Gentilini dopo l'incontro del Papa con gli artisti il 21 Novembre 2009
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L’incontro del Papa con gli Artisti, avvenuto il 21 novembre 2009 in Vaticano nella Cappella Sistina, era carico di attese per il discorso che il Pontefice avrebbe pronunciato. Le attese non sono state deluse e le Parole di Benedetto XVI sono state una degna continuazione di quelle pronunciate a suo tempo da Paolo VI e da Giovanni Paolo II nei rispettivi incontri con gli Artisti. E’ un messaggio di grande speranza e di profonda e realistica umanità, diretto non solo agli Artisti cristiani, ma universalmente a tutti coloro il cui gesto o parola sono espressione di un moto dello spirito; una fonte fresca e moderna che invita il mondo dell’Arte a sostare e meditare in un confronto dialettico sull’impegno e sulla responsabilità di presentare la bellezza.

Il Papa chiama gli Artisti custodi della bellezza e testimoni di speranze, affermando che la fede nutre ed esalta il genio. 

Si rivolge agli Artisti di ogni Paese, cultura e religioni diverse, ed anche a coloro che sono lontani da esperienze religiose e invita tutti a non restringere gli orizzonti dell’esistenza alla mera materialità, ad una visione riduttiva e banalizzante. 
Tesse l’elogio alla bellezza come sorgente di speranza e strumento di salvezza. Incoraggia gli Artisti a manifestare il loro genio, a varcare la soglia verso la meta ultima e definitiva, verso il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente.Queste parole non possono non provocare una grande risonanza nel cuore d’ogni persona sensibile all’Arte ed in particolare modo nel cuore dell’Artista stesso. In questo profetico dire si avverte una verità che viene da lontano: la certezza d’un modo di esistere che si colloca prima della speranza ed appartiene ad un passato che è stato l’origine dell’uomo e sarà la sua destinazione.Da tutto ciò nasce un ripensamento sul significato e sul senso di essere Artista, oggi, in questo tempo che, come afferma il Papa, è segnato da fenomeni negativi, dall’affievolirsi della speranza, dalla sfiducia nelle relazioni umane.Ci raccoglieremo, artisti ed amici, e lasceremo scorrere i nostri pensieri, quasi fossero una carica, come auspicato dal Papa, per la continuazione della nostra attività artistica, nel mentre, nel mio animo, nascono e si intrecciano impressioni ed emozioni diverse che urgono una comunicazione e un confronto.Ciò che è perfetto è eterno. Ciò che non è perfetto, perché perfettibile, è transitorio.

La bellezza si identifica con il perfetto e il significato del perfetto è riconducibile al concetto di bene: la bellezza è il bene perfetto.

L’imperfetto, se si colloca come tentativo lungo la scala che conduce alla perfezione, possiede i suoi gradi di bellezza, tanto più elevati quanto più espressioni di perfezione.La creatura umana possiede l’innata tensione alla bellezza; già ai tempi di Platone si filosofeggiava sugli archetipi, e l’archetipo è la sostanzalizzazione della bellezza. Perché l’uomo possiede nella sua struttura questa tensione alla bellezza? Perché una espressione di bellezza emoziona il suo animo? Perché è fornito di un meccanismo psicologico che gli fa dire: che bello! (O il contrario: che brutto!). Questo "moto" non può che essere l’eredità d’una situazione d’origine, quando la persona doveva far parte del tutto bello.  Aver fatto parte del tutto bello significa essere stati perfetti, costruiti nel e per il sommo bene. Fattore di simile personalità è Dio Creatore che è l’Essenza, essente, di queste prerogative. Ne otteniamo conferma dalla Bibbia: Dio, dice la Genesi, ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, dal che si deduce che l’umanità non è stata creata inferiore a Dio. A maggior sostegno l’evangelista Luca sostiene che il regno di Dio è dentro di noi, e Paolo afferma di non essere più lui che vive, bensì Cristo dentro di sé.

 

La bellezza è perfezione e bene, quindi un attributo divino.

L’artista è colui che cerca la bellezza prima di tutto dentro sé. La ricerca della bellezza è quasi sempre accompagnata dalla sofferenza: è l’esperienza della fatica, a volte del dolore, che consente all’Artista di scavare fino alle profondità del suo spirito e sgangare il piccolo diamante da tutte le incrostazioni che la natura ha depositato nel tempo. Questo tormento ha dei momenti di follia in cui si accende una intuizione, scatta un contatto, brucia una luce: sensazioni da capogiro, metafisiche, proprie di quando si riesce a ghermire una scheggia d’infinito; e questa è la ricompensa. L’opera così creata possiede il fascino della bellezza e conterrà in sé un messaggio. Più che messaggio, destinato a colpire i sensi, si qualifica come meta-messaggio, perché parla allo spirito, attraverso un linguaggio che è differente da persona a persona, che non è oggettivo, ma sempre e solo soggettivo, comunque sempre bello. E ciò che viene percepito e profondamente riconosciuto come bello è anche giusto e vero.

Bellezza è quindi giustizia e verità.

L’artista mettendo in mostra la sua opera deve tremare per il senso di responsabilità circa il messaggio che essa contiene. L’Artista diventa il messaggero che comunica alla parte più recondita e più nobile dell’uomo: al suo animo, al suo pensiero, alla sua storia.Se la bellezza è dunque bene, perfezione, giustizia e verità, appare chiaro il significato della famose frase “la bellezza salverà il mondo”, perché attraverso la bellezza giungerà la redenzione e l’Arte ne è il canale privilegiato e fondamentale.
L’Artista è chiamato a ricapitolare il senso della vita nella bellezza; più che un impegno è una missione; una faticosa collaborazione alla creazione ed al perfezionamento del bello; è la metamorfosi da una dilagante negatività allo sguardo luminoso su una realtà interiore e soddisfa, in qualche misura, l’anelito che l’uomo avverte nella sua coscienza per l’innata nostalgia d’un giardino che si è perduto e che solo l’amore per la bellezza gli restituirà.

Luigi Gentilini

Belluno 10.12.2009

 


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