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Natale 2007 a Cortina
«In principio era il senso… il significato»;
L'omelia della Messa del giorno  del decano don Davide Fiocco 
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«In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». 
Parole che come un monumento si ergono nella liturgia di questo giorno santo. Parole massicce, pesanti; parole imponenti scaturite dal cuore grande e dalla feconda intelligenza di un uomo antico, di uno di quelli che avevano «visto la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità», di nome Giovanni, di professione evangelista.
Aveva conosciuto il Maestro in giovane età; lo aveva seguito, probabilmente abbandonando una prospettiva economica sicura (l’azienda del padre); lo aveva seguito anche nel momento più tragico della croce, lo aveva visto spirare, lo aveva riconosciuto risorto, risvegliando la coscienza del pavido Pietro: 
«È il Signore».
 Qualche decennio dopo, con la saggezza degli anni, con il bagaglio di una solida cultura, ispirato dallo Spirito, Giovanni cantò: 
quell’uomo è il Verbo di Dio.
È andato a cercare una parola forte, di quelle che sicuramente facevano sobbalzare l’intelligenza di un qualunque uomo di media cultura del suo tempo: quell’uomo è il Logos di Dio.
 Cioè in quell’uomo mi si è rivelato tutto ciò che può far ponte tra Dio e l’umanità, tra l’eterno e il tempo, tra il finito e l’infinito, tra la materia e lo spirito. «Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste».
Questi ponti tra l’eterno e il finito: quanto li avevano cercati e li cercavano i sapienti dell’antichità!
 Giovanni poteva obiettare: non l’ho cercato; sono stato cercato e trovato. 
E quell’uomo era il Verbo, il Logos!
Bene, caro Giovanni… Ma oggi che cosa può volerci dire questo tuo monumento di lessico e di riflessione, questa meraviglia che hai cantato da vecchio, mentre ripensavi alla più grande esperienza della tua lunga esistenza.
 Caro Giovanni, io devo tradurla in qualche modo in parole che parlino a me, che parlino al mio cuore e a quello di tanti fratelli che oggi sono qui in chiesa.
Tradurre è sempre un po’ tradire il vero senso delle parole.
 Eppure questa parola – che in antico ha fatto vibrare l’animo dell’evangelista e di tanti pensatori cristiani antichi – questa parola deve parlare anche oggi, perché è Parola eterna.
Ci provo… Potrebbe essere trasmutata con una più vicina a noi: 
«In principio era il senso… il significato»; aggiungiamoci subito il versetto 14: «il Verbo (il senso) si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».
Insomma: quel bambino di cui oggi festeggiamo la nascita, della cui contemplazione nel presepe il nostro sguardo si bea… non è soltanto un bambino; quel bambino si propone come un senso, il senso, il significato ultimo dell’esistenza, un significato eterno: il Verbo era Dio.
Il problema è farlo capire, intuire a Simone, un giovane tormentato che sta diventando il tormento di padre, madre e di tutto il parentado; per le compagnie che frequenta, per le abitudini di vita che ha, per quell’astio che gli ha preso verso tutto ciò che sa di chiesa. 
Era il chierichetto modello, tutto casa e chiesa; era il fiore all’occhiello del viceparroco… ma ora… 
E io come pastore e noi come comunità ci interroghiamo: ma glielo abbiamo mai detto che Cristo è il senso della sua vita? Gli abbiamo dato sei anni di catechesi, la prima comunione, la prima confessione, la cresima… ma glielo abbiamo mai detto? Chissà se oggi lo potrà sentire e assaporare…



Il Verbo si è fatto carne: vorrei insistere anche con Giovanna; l’altro ieri mi confidava di sentirsi così massacrata in questo ultimo periodo; e ne ha ben donde. 
Si è sentita tradita anche dagli amici. Solite storie che muovono da una sciocchezza effettivamente commessa sono divenute – di bocca in bocca – un macigno di calunnie, da cui non sa più come difendersi. 



Eppure il Verbo si è fatto carne anche per te, sorella: e ha provato lui stesso il peso dell’umiliazione, del tradimento, del vilipendio… Ti sussurra che in questo tuo male lui c’è, che ti è vicino.
 Si è fatto carne.
Vorrei ribadire che il Verbo si è fatto carne anche per Stefano, Romeo, Marta…, per i tanti cuori lacerati dal lutto e da sofferenze: nello studio della canonica ne arriva una al giorno. 
Questo bambino è un Verbo anche per voi.


E infine lo devo ribadire a me stesso, me lo lascio dire dall’apostolo Giovanni: questo Gesù di cui sei discepolo e ministro non è una dottrina, non è una morale, non è un libro di storia antica. 
È il Verbo, è il senso, è il significato di tutta l’esistenza. «In principio era il Verbo»: è un senso per cui vale la pena vivere, vale la pena soffrire, vale la pena spendere tempo, fatica, risorse, vale la pena morire, per rinascere.
«In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini», scrive l’apostolo che sapeva stare vicino al cuore del Maestro. Questa festa invita anche noi ad andare oltre il bambino, a scorgere il Maestro, a vedere che in lui è la vita e di questa vita abbiamo bisogno, di questa luce abbiamo bisogno.
 È la luce degli uomini, la nostra luce.

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Quaderni Bellunesi. Laboratorio di cultura e politica della provincia di Belluno

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