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Introduzione
Cosa fa la Chiesa quando
uno ci dà l'ultimo addio?
Lo onora, gli offre la presidenza dell'assemblea, lo incensa, lo
benedice con l'acqua che richiama il battesimo, lo nomina più volte,
lo immedesima a Cristo perché con Cristo si presenti
fiducioso al giudizio divino, in attesa di sentire la sentenza:
"Entra nel gaudio del tuo Signore".
Lo fa con tutti, allo stesso modo, con il povero, con l'anonimo, con la
celebrità.
Oggi tocca a Celeste Bortoluzzi, aduso al ruolo della presidenza, ma
trepidante ora che si trova davanti, non a un suo pari, bensì a Colui
cui deve tutto: la vita ricca di molti talenti che Celeste ha saputo
positivamente trafficare.
Per ricordare il passato di Celeste basta la memoria.
Per portare Celeste al giudizio divino, chiedo l'aiuto della vostra
fede. |
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Al venerdì santo
succede il sabato santo. Per chi sopravvive è il tempo del lutto. Tempo
prezioso che permette di passare dalla disperazione alla memoria; dagli
interrogativi, dai dubbi, al discernimento, al balenare di una alba
nuova.
" Noi speravamo che fosse lui a liberare
Gerusalemme"
dissero delusi i discepoli di
Emmaus,
in fuga da
Gerusalemme.
La Maddalena con gli occhi pieni di angoscia per Gesù morto,
porta aromi per imbalsamare il cadavere. Va ad un morto con la morte nel
cuore. Scambia Gesù per un ortolano e lo assale con pesanti accuse. A noi sta succedendo qualcosa di analogo.
Con Celeste la morte ci porta via un futuro
annunciato e atteso.
In molti esplode la tentazione di imprecare, di ribellarsi, di dubitare
di tutto e di tutti, di chiudersi nel passato, facendo del presente il
tempo della delusione.
Belluno in questi giorni fu tutta un "noi speravamo...."!
Tentazione più che legittima.
Ma, se assecondata, diventa un'offesa a Celeste e non un elogio funebre.
Tentazione da abbattere, con l'aiuto del" terzo giorno", la
Pasqua.
"Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" dissero i
messaggeri.
Il Risorto andò incontro alla disperata Maddalena, si affiancò ai
discepoli delusi,apparve agli apostoli chiusi a chiave,per paura, nel
cenacolo.
Ai discepoli disse:"Stolti e tardi di cuore nel credere alle parole
dei profeti".
Chiamò per nome Maddalena e gli si aprirono gli occhi della mente e del
cuore.
Disse a Tommaso: "Metti qua la tua mano e non essere incredulo ma
credente" e Tommaso, rinato ed estasiato,rispose."Signore mio
e Dio mio"!".
La parola del Risorto fece riprendere vita
nuova a tutti.
Un messaggio che Celeste ci vuol lasciare.E' un messaggio di speranza, di futuro, di vita nuova.
Un messaggio che Celeste seminò quotidianamente, per anni, entro tutti
i solchi che tracciò e dove operò con la sua intelligenza
appassionata, esuberante e vincente intraprendenza:la famiglia, gli
amici,le istituzioni,lo sport, l'azienda di famiglia,la presidenza di
Assindustria, la sua ascesa a Sindaco del Capoluogo, nostro sindaco.
Visse e morì da vincente.
Ora ci sprona ad essere pasquali, a deporre il lutto e ad alzare la
testa.
Dopo il legittimo pianto, dopo la cocente delusione,dopo i molti
interrogativi,
Belluno, se vuole veramente
onorare il suo Sindaco, deve riprendere la strada della resurrezione,
raccogliendone il testimone e con il massimo della concordia, pur nella
democratica diversità.
In politica nessuno chiami l'avversario, "nemico". Già la
parola "avversario" tra fratelli è pesante.Questo messaggio, se raccolto dalla sua Città, lo farà riposare in
pace.
Con questa celebrazione completiamo l'opera: per mezzo di Cristo che ci
ha detto:" Vado a prepararvi un posto ", lo portiamo
all'ingresso della nuova famiglia, la famiglia divina.
Sull'altra riva saranno in molti ad accoglierlo, guidati dal
fratello Lorenzo.
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L'amicizia di lunga data
con Celeste non mi è di aiuto.
Mi crea, anzi,una corona di ostacoli
emotivi, difficili da superare.
Come uomo sono nel dolore come un familiare e con i suoi familiari: la
mamma Adele, il papà Giuseppe, la moglie Nerea, i figli Laura, Marco, Beatrice,
i nipoti Lucia, Giovanni e quello in arrivo, la sorella Marta.
Come sacerdote e parroco devo essergli coraggiosamente davanti per
tracciarli la strada che inizia esattamente la dove si è conclusa la
sua breve, ma intensissima vita terrena.
Mi affido alla mediazione di Cristo che muore in croce; alla sua madre
Maria in lutto; ai suoi amici che in lui avevano riposto il loro futuro.
La sofferenza, la malattia, la morte, che stanno giocando da
protagoniste la loro partita in mezzo a noi, sono la conseguenza di una
terribile caduta della presunzione umana.
Chi ha la fede nel Dio di Gesù
Cristo conosce il significato delle parole dell'apostolo Paolo che dice:
"A causa di un uomo venne la morte". Ma subito aggiunge:"
A causa di un uomo verrà anche la risurrezione".
E' Gesù, il Dio
fatto uomo, che affrontò a viso aperto il nemico dell'uomo.
Come? Gesù,
l'innocente, si presentò al cospetto di Dio come la personificazione
del "peccato".
Per vincere la morte, causata dal peccato, si lasciò inghiottire da
essa,concedendole una momentanea vittoria.
La sofferenza e la morte da castigo, furono
così trasformate in sacrificio sacerdotale e in ponte che porta
all'altra riva, la riva della vita.
Ucciso dalla morte, Gesù vinse la morte.
E' il venerdì nero dell'uomo riscattato dal venerdì santo di Cristo.
Se il Dio-uomo non si fosse immesso nella nostra vita, le nostre
sofferenze e lo spettro della morte sarebbero strada alla disperazione.
Chi crede, non ha bisogno di spiegazioni. Chi non crede, incontra un
terribile enigma e una sofferenza in più. Spero per lui che questa
sofferenza gli sia imputata a merito.
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