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Indice
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 In Morte di Celeste Bortoluzzi

Omelia di
 Don Rinaldo Sommacal

 

Introduzione 

Cosa fa la Chiesa quando uno ci dà l'ultimo addio?
Lo onora, gli offre la presidenza dell'assemblea, lo incensa, lo benedice con l'acqua che richiama il battesimo, lo nomina più volte, lo immedesima a Cristo perché con Cristo si presenti fiducioso al giudizio divino, in attesa di sentire la sentenza:
 "Entra nel gaudio del tuo Signore".
Lo fa con tutti, allo stesso modo, con il povero, con l'anonimo, con la celebrità.
Oggi tocca a Celeste Bortoluzzi, aduso al ruolo della presidenza, ma trepidante ora che si trova davanti, non a un suo pari, bensì a Colui cui deve tutto: la vita ricca di molti talenti che Celeste ha saputo positivamente trafficare.
Per ricordare il passato di Celeste basta la memoria.
Per portare Celeste al giudizio divino, chiedo l'aiuto della vostra fede.

Al venerdì santo succede il sabato santo. Per chi sopravvive è il tempo del lutto. Tempo prezioso che permette di passare dalla disperazione alla memoria; dagli interrogativi, dai dubbi, al discernimento, al balenare di una alba nuova.
" Noi speravamo che fosse lui a liberare Gerusalemme"
 
dissero delusi i discepoli di Emmaus,
 
in fuga da Gerusalemme.
 La Maddalena con gli occhi pieni di angoscia per Gesù morto, porta aromi per imbalsamare il cadavere. Va ad un morto con la morte nel cuore. Scambia Gesù per un ortolano e lo assale con pesanti accuse. A noi sta succedendo qualcosa di analogo. 
Con Celeste la morte ci porta via un futuro annunciato e atteso.
In molti esplode la tentazione di imprecare, di ribellarsi, di dubitare di tutto e di tutti, di chiudersi nel passato, facendo del presente il tempo della delusione.
Belluno in questi giorni fu tutta un "noi speravamo...."! Tentazione più che legittima.
Ma, se assecondata, diventa un'offesa a Celeste e non un elogio funebre. Tentazione da abbattere, con l'aiuto del" terzo giorno", la Pasqua. 
"Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" dissero i messaggeri.
Il Risorto andò incontro alla disperata Maddalena, si affiancò ai discepoli delusi,apparve agli apostoli chiusi a chiave,per paura, nel cenacolo.
Ai discepoli disse:"Stolti e tardi di cuore nel credere alle parole dei profeti".
Chiamò per nome Maddalena e gli si aprirono gli occhi della mente e del cuore.
Disse a Tommaso: "Metti qua la tua mano e non essere incredulo ma credente" e Tommaso, rinato ed estasiato,rispose."Signore mio e Dio mio"!".
La parola del Risorto fece riprendere vita nuova a tutti.
Un messaggio che Celeste ci vuol lasciare.E' un messaggio di speranza, di futuro, di vita nuova. Un messaggio che Celeste seminò quotidianamente, per anni, entro tutti i solchi che tracciò e dove operò con la sua intelligenza appassionata, esuberante e vincente intraprendenza:la famiglia, gli amici,le istituzioni,lo sport, l'azienda di famiglia,la presidenza di Assindustria, la sua ascesa a Sindaco del Capoluogo, nostro sindaco. Visse e morì da vincente. 
Ora ci sprona ad essere pasquali, a deporre il lutto e ad alzare la testa.
Dopo il legittimo pianto, dopo la cocente delusione,dopo i molti interrogativi,
Belluno, se vuole veramente onorare il suo Sindaco, deve riprendere la strada della resurrezione,
raccogliendone il testimone e con il massimo della concordia, pur nella democratica diversità.
In politica nessuno chiami l'avversario, "nemico". Già la parola "avversario" tra fratelli è pesante.Questo messaggio, se raccolto dalla sua Città, lo farà riposare in pace. Con questa celebrazione completiamo l'opera: per mezzo di Cristo che ci ha detto:" Vado a prepararvi un posto ", lo portiamo all'ingresso della nuova famiglia, la famiglia divina.
 Sull'altra riva saranno in molti ad accoglierlo, guidati dal fratello Lorenzo.

 

Omelia

 

L'amicizia di lunga data con Celeste non mi è di aiuto.
Mi crea, anzi,una corona di ostacoli emotivi, difficili da superare.
Come uomo sono nel dolore come un familiare e con i suoi familiari: la mamma Adele, il papà Giuseppe, la moglie Nerea, i figli Laura, Marco, Beatrice, i nipoti Lucia, Giovanni e quello in arrivo, la sorella Marta.
Come sacerdote e parroco devo essergli coraggiosamente davanti per tracciarli la strada che inizia esattamente la dove si è conclusa la sua breve, ma intensissima vita terrena.
Mi affido alla mediazione di Cristo che muore in croce; alla sua madre Maria in lutto; ai suoi amici che in lui avevano riposto il loro futuro. 
La sofferenza, la malattia, la morte, che stanno giocando da protagoniste la loro partita in mezzo a noi, sono la conseguenza di una terribile caduta della presunzione umana.
Chi ha la fede nel Dio di Gesù Cristo conosce il significato delle parole dell'apostolo Paolo che dice: "A causa di un uomo venne la morte". Ma subito aggiunge:" A causa di un uomo verrà anche la risurrezione".
 E' Gesù, il Dio fatto uomo, che affrontò a viso aperto il nemico dell'uomo.
 Come? Gesù, l'innocente, si presentò al cospetto di Dio come la personificazione del "peccato".
Per vincere la morte, causata dal peccato, si lasciò inghiottire da essa,concedendole una momentanea vittoria.
La sofferenza e la morte da castigo, furono così trasformate in sacrificio sacerdotale e in ponte che porta all'altra riva, la riva della vita.
Ucciso dalla morte, Gesù vinse la morte
.

E' il venerdì nero dell'uomo riscattato dal venerdì santo di Cristo.
Se il Dio-uomo non si fosse immesso nella nostra vita, le nostre sofferenze e lo spettro della morte sarebbero strada alla disperazione.
Chi crede, non ha bisogno di spiegazioni. Chi non crede, incontra un terribile enigma e una sofferenza in più. Spero per lui che questa sofferenza gli sia imputata a merito.
                     .

Don Rinaldo Sommacal Parroco.

info@quadernibellunesi.it  

Foto dolomitipress

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Quaderni Bellunesi. Laboratorio di cultura e politica della provincia di Belluno

Realizzato con la collaborazione del Circolo Culturale "Antonio della Lucia"