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Onorevole
Assessore,
da anni ormai sui nostri giornali scorrono fiumi d' inchiostro su luoghi
comuni costruiti su una presunta povertà della montagna e su vaghe aspirazioni romantiche intorno ad una possibile autonomia
della Provincia.
I giornali, di fatto, riscontrano una visione demoralizzante,
pauperistica della realtà sociale del territorio, quel senso di sconfitta preventiva
che mi pare propria della classe politica bellunese sempre
inginocchiata, ma non si sa a chi, a biascicare di uno svantaggio atavico,
di una posizione di debolezza consolidata della gente di montagna.
E' un'immagine della provincia che, di fatto, si presenta
come un invito ai "foresti" a non frequentare il nostro
territorio e ai nostri giovani a scappare: qui non c'è posto per
loro, ci sono le salite, l'inverno, la neve, il ghiaccio sulle strade,
il freddo nelle case, non c'è il mare, non c'è Trento.
Un tutto che la classe politica riassume nel concetto di specificità della
montagna (ma sono specifiche le montagne o i bellunesi?) pensato come
una sorta di grimaldello per aprire i forzieri della Regione o di Roma e
ottenere quel qualche per cento in più di finanziamenti atto
garantire ai bellunesi un futuro da
“fauna protetta, da specifici appunto”.
Ripensi, Assessore, ai titoli sull'argomento dell'Amico del Popolo, del
Gazzettino e del Corriere delle Alpi e converrà che non ho affatto
esagerato.
Io credo, al contrario, che nessun altro posto al mondo sia più vicino
al Paradiso della nostra provincia, per ripetere lo slogan di una
piccola, ma fortunata trasmissione televisiva di Telebelluno "Terra Nostra"
in onda sul finire dello scorso anno.
Io credo che l'intelligenza, le capacità e i valori di cui la
nostra gente è ricolma, e la bellezza del nostro territorio
rappresentino per la provincia un cumulo di risorse immenso,
inesauribile e non espropriabile.
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Io
credo che la nostra provincia goda di un patrimonio culturale e
artistico immenso e possa vantare una storia importante
ed educativa: le
nostre generazioni passate sono state capaci, infatti, di trasformare in vantaggio
di vita ogni cosa la natura abbia loro offerto: i pendii come la neve, i
sassi come il legno, l'acqua come il sole.
Io credo che proprio questa storia ci possa porre come motrice per il
Veneto; qui sono nate le regole, gli usi civici, anticipando di un buon millennio
quella prassi di "sussidiarietà" che il governo di
Centro Destra aveva tentato di introdurre nella Costituzione per
modernizzare il Paese; qui non si sono attese le disponibilità o le
risorse degli altri per "fare occhiali".
Io credo, allora, che abbia senso parlare di autonomia solo se si ha
coscienza delle immense ricchezze del nostro territorio, se si crede
nelle capacità della nostra gente e si vuole gestire questo patrimonio
per garantire benessere a noi e al resto del Veneto.
Si smetta, Assessore, di elemosinare, di rivendicare diritti che appaiono
di fatto soggettivi: capacità politiche, senso delle alleanze e
coscienza della nostra forza e di quanto la pianura ci sia debitrice
sono gli strumenti, non rivendicativi, ma di acquisita superiorità, per
imporci di gestire quanto ci interessa, per il bene comune di tutto il
Veneto.
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