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Dal
Deserto al Monte
L'Oreb Il Tabor Il Sinai
Ogni anno, il cammino della quaresima ci
fa passare dal deserto delle tentazioni (1a domenica) al monte della
trasfigurazione (2a domenica), dal silenzio del deserto allo splendore
della visione, dalla domenica delle tentazioni a quella della luce sul
monte Tabor.
In realtà c’è un filo che collega tre monti, come tre cime della
stessa montagna: il Tabor richiama l’Oreb e rimanda al Sinai. Gli
apostoli salgono sul monte Tabor insieme a Gesù per pregare; ma
incontrano Elia e Mosé. Quell’Elia che, in antico, era salito sul monte
Oreb in cerca di Dio: tenace difensore del nome di Dio, si inimicò il re
e il popolo, sfuggì alla morte e incontrò Dio nel mormorio di un vento
leggero. Mosè era salito sul monte Sinai, con in mano due tavole di
pietra, sulle quali doveva essere rinnovata quell’alleanza con Dio, che
il popolo aveva violato nel peccato di idolatria, adorando il vitello d’oro.
Mosè cercava il volto di Dio, deluso dal popolo che aveva tradito la
fedeltà promessa all’unico Dio. «Signore, mostrami la tua gloria»;
Dio passò davanti a lui, ma nascose il suo volto: «Il mio volto non lo
si può vedere… ti coprirò con la mia mano».
Dio proclamò il suo nome: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e
pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà». Sullo sfondo,
la prima lettura: momento tremendo e fascinoso, in cui Abramo chiede a Dio
un segno che certifichi la sua promessa: «Signore, come potrò sapere che
avrò il possesso di quella terra promessa?». Un momento di torpore, poi
il terrore, poi l’oscurità…: nel buio fitto, il fumo di un braciere e
la luce di una fiaccola sono segno dell’alleanza che Dio conclude con
Abramo.
Il tuo
volto o Dio io cerco
Non nascondermi il tuo volto
I tre apostoli, e prima Elia, Mosè e
Abramo… Uomini che cercano il volto di Dio in un momento di sconcerto:
«Il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto». Lo dice
il salmista, lo dice ogni uomo: e tutti siamo rimandati all’appuntamento
sul Tabor.
Ci saliamo anche noi, con le nostre perplessità, i nostri dubbi, il
nostro buio… Perché il cammino di fede è anche questo: e chi vanta
solo certezze apodittiche, non creda di essere sulla strada giusta, se
almeno è vero quello che hanno vissuto questi grandi prima di noi.
Cogliamo alcune suggestioni da questi "flash":
La fede è un continuo salire tra fatica e splendori
appena intravisti
Ma l'nvito è perentorio
"Ascoltatelo"
Gli apostoli
passano dalla visione al buio, dalla luce alla nube, «ed ebbero paura».
Noi vorremmo che il cammino della fede fosse un progresso continuo, di
luce in luce, di certezza in certezza. E invece è così significativa la
strada che il Signore riserva ai suoi tre amici: prima il sonno, poi la
visione, poi la nube, infine l’ordine di ascoltare. Forse ognuno di noi
può raccontare il momento della vita, in cui gli è brillata la certezza
della presenza del Signore. Momenti esaltanti, come la contemplazione
delle stelle del cielo per Abramo. Momenti importanti, che restano per
orientare il cammino, per svegliarci dal torpore. Ma sono momenti: viene
poi la nube dei tre sul Tabor, viene il terrore di Abramo di fronte alla
fiaccola.
Che cosa resta?
Un ordine: «Ascoltatelo».
Il cristianesimo non è una religione delle visioni, la religione dei
visionari o delle certezze assolute. È la fede dell’ascolto, la fede di
chi prende in mano il Libro e vi cerca la parola di Dio. Dio Padre non ha
detto «Contemplatelo», ma «Ascoltatelo». Non per nulla san Luca,
diversamente dagli altri evangelisti, annota: «Appena la voce cessò,
restò Gesù solo». E vale anche per noi.
La cima
è ancora lontana
la strada è sempre in
salita
Seconda suggestione: l’esperienza
del Tabor fu così potente per quei tre amici, che «non riferirono a
nessuno ciò che avevano visto». Era una cosa troppo grande, troppo
piena, troppo divina. Eppure fra qualche settimana gli stessi tre li
troveremo a Gerusalemme vigliacchi, fuggitivi, traditori: «Non so quello
dici», non lo conosco.Questo parla anche a noi, e ci assicura che la
strada è sempre in salita, anche dopo il monte della Trasfigurazione.
Non
siamo mai arrivati, non siamo mai in cima: chi è troppo sicuro, guardi di
non cadere. Almeno finché non arriveremo a quella gloria finale in cui lo
splendore di quel volto brillerà per sempre.
L'amore
trasfigura la vita
3. Come terzo passo, lasciamo
a san Paolo tirare le somme: «La nostra cittadinanza è nei cieli e di
là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà
il nostro misero corpo». Non è un intervento di estetica facciale o di
"siluette": ne ho un barlume quando penso ad Andrea, che
finalmente si è innamorato sul serio, e gli dico: ti sei trasfigurato.
Oppure, quando penso a Marina che da qualche settimana è riuscita a
sollevarsi dal marasma dei suoi problemi personali, dedicandosi a un
tossicodipendente che aspetta di entrare in comunità: e lo deve
controllare a vista, perché nessuno gli passi la dose della ricaduta.
Questo suo amore donato, la sta trasfigurando.
È l’amore che trasfigura
la vita: e se l’amore che assaporiamo quaggiù può cambiare la vita di
Andrea e di Marina, quanto più farà quell’amore di Dio, che sul Tabor
è straripato dal corpo di Gesù?
Seconda domenica di
quaresima 2010
Cortina, 28 febbraio 2010
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