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Benedetto quel peccato Questa
pagina del vangelo ha sconcertato i cristiani di ogni generazione, tanto
che soltanto dopo la recente riforma liturgica questa pagina ha avuto un
posto nella liturgia cattolica. Anche in antico faceva problema: qualche
padre della Chiesa ha dubitato della canonicità e dell’ispirazione di
queste righe, perché sembravano contraddire quella norma ecclesiastica,
che considerava l’adulterio un peccato "capitale" (con l’omicidio
e l’apostasia); pareva impossibile che Gesù perdonasse con tanta
facilità, quando la Chiesa riabilitava l’adultero soltanto dopo anni
di penitenza, e concedeva questo perdono una sola volta in vita. Ma è
vangelo e come tale ci viene proposto. Gesù passa la notte in preghiera
presso l’orto degli ulivi. Poi al mattino torna al tempio, con i
discepoli, per predicare. C’è confusione: gente che va e che viene,
mercanti e devoti osservanti, scribi e sacerdoti, ricchi e poveri: è il
cuore pulsante dell’antica Gerusalemme, dove il profumo d’incenso si
mescola a quello della paglia, il sacro al profano, il tintinnio delle
monete alle lacrime delle orazioni... Un’umanità in miniatura. Nel silenzio ritrovano la propria dimensione umana Cala il silenzio, interrotto dal rumore sordo della
prima pietra che cade; poi la seconda e avanti così: tutte vengono
deposte. Gli sguardi si disarmano: non sono più rivolti alla donna, ma
verso se stessi. Ma tutti se ne vanno. Poveri:! A pochi passi da loro ci
sarebbe lo sguardo della salvezza, ma essi lo evitano, perché troppo
orgogliosi per coglierlo; ci sarebbe uno sguardo che perdona e cambia la
vita, ma essi vanno via. Manserunt duo, misera et misericordia
(Agostino). Dopo gli sguardi sprezzanti della folla assassina, quella
donna – solo lei – incrocia lo sguardo del Maestro: «Ed è in
certi sguardi che si intravede l’infinito» (Battiato). Nessuno ti
ha condannata? Neppure io, va’ e non peccare più. Confesso a Dio e
E noi che posto
assumiamo sulla spianata del tempio? Forse mi sento come quella donna:
oggi non temo le pietre da parte degli altri; basto a me stesso per
giudicarmi, per sentirmi il peso di sbagli fatti nella vita. Non mi
piaccio, non mi piace come è andata l’esistenza: speravo di meglio. La comunità come luogo di perdono
Quella domanda però viene posta a noi, comunità locale:
sappiamo essere luogo di perdono? Davide Fiocco
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Realizzato con la collaborazione del Circolo Culturale "Antonio della Lucia" |